Il Santo Niente è la band di cui Umberto Palazzo è il frontman. Ed il Santo Niente, purtroppo, è una band impegnata in un tour d’addio. In una piccola stanza al primo piano del Tilt di Avellino, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Umberto Palazzo, prima di quello che potrebbe, con sommo rammarico, essere il suo ultimo concerto con questa formazione.
Si chiede spesso il “quando”, ma a me interessa il “perché”. Perché hai iniziato a suonare, Umberto?
Io credo ci sia una predisposizione riguardo quello che si decide di fare nella propria vita. Semplicemente credo di essere legato alla musica sin da piccolo: cercavo di ascoltarla e poi ad un certo punto ho deciso di farla. Volevo capire come sono fatti i dischi. Nell’ascolto sono stato sin da subito maniacale. Non sono mai stato particolarmente un fan di nessuno, ho sempre preferito osservare la costruzione. Per me suonare è soprattutto fare dischi, probabilmente sono anche un musicista scarso. Sono un pessimo chitarrista [ride] e forse neanche un musicista. Mi sono sempre considerato un autore, un compositore ed un produttore, che suona in una band. Non ho una tendenza da chitarrista o da cantante: ho una visione più da team che funziona in maniera sinfonica.
Ho letto che ti sei iscritto a giurisprudenza.
Mi sono laureato in giurisprudenza, nei primi anni 90.
Perché proprio giurisprudenza?
Perché a diciotto anni non avevo assolutamente idea di cosa volevo fare [ride]. Erano anni in cui, i primi anni ottanta, non conoscevo nessuno che facesse il musicista, che facesse i dischi, che producesse le sue canzoni… a malapena conoscevo qualcuno che ascoltasse la musica che ascoltavo io. Andai a Bologna alla ricerca di qualcuno che potesse insegnarmi qualcosa, non potevo andarci da musicista.
Massimo Volume, due volte Santo Niente, Santo Nada, dischi da solista, dj, produzione… Cosa ti è rimasto di tutto ciò? cosa cambieresti? Cosa avresti fatto ma non hai potuto fare?
In quello che ho fatto, credo di aver fatto tutto quello che potevo fare, nei vari momenti della mia carriera. Ci sono limiti di tempo, di denaro… Ti devi arrangiare! E ad arrangiarmi sono abbastanza bravo. Siamo, anzi eravamo, il paese in cui ci si sapeva arrangiare, almeno un tempo: adesso neanche più quello. Di budget promozionali non ne ho mai avuti e senza quelli non fai niente. Ma a me interessava più fare dischi che diventare un personaggio. Ed è quello che mi interessa ancora. Ho uno studio, faccio musica elettronica, non canto neanche più. Faccio musica senza neanche l’idea di pubblicarla.
Secondo te qual è stato uno dei dischi più sopravvalutati in Italia, negli ultimi anni? Un disco che butteresti direttamente nel cesso, senza mezzi termini.
I dischi più ascoltati in Italia, nel circuito indipendente, spesso hanno successo perché sono adatti al livello culturale di chi li ascolta. E’ sopravvalutata la capacità degli italiani di capire la musica, che è bassissima. Gli italiani sono uno dei popoli che la capisce di meno, in assoluto. Ma anche chi scrive di musica, anche i giornalisti, non sono capaci di ascoltare e capire la musica per quello che è: non capiscono che la musica è una costruzione. E se non capisci come viene costruita, della musica non capisci niente. E non c’è nient’altro nella musica, che la costruzione. Invece ci si perde nei testi, nel personaggio, nel contesto. E’ un’architettura. Chi dice che ‘parlare di musica è come ballare di architettura’ ci va vicino. Parlare di musica è come parlare di architettura.
Una resa dal vivo che invece ha tradito le tue aspettative? Non solo tra gli italiani, intendo.
Mi capita spesso di deludermi. Il concerto che sbagli, lo ricordi per tutta la vita. La brutta sensazione te la porti dietro. Ricordo tutti i concerti venuti male, anche dopo diciassette anni. La sensazione di un bel concerto, invece, svanisce dopo poche ore.
Parlavo di concerti di altri!
Il concerto che mi ha più deluso nella vita, e non ho dubbi: U2, nel tour di Unforgettable Fire. Da allora detesto Bono and company, fu orribile!
Ultimo film o serie televisiva che ti sono piaciuti? Questa mi serve come gancio per la prossima domanda!
Come ultimo film, dico subito Boyhood, Under the skin, Only Lovers Left Alive, Grand Budapest Hotel…
Ti è piaciuto Grand Budapest Hotel? Io stavo per prendere sonno dopo 10 minuti, inquadrature simmetriche e tutto il resto.
Ma non sono neanche un gran fan di Wes Anderson, non li ho neanche visti tutti. Avrò visto bene solo i Tenenbaum e nient’altro.
E come serie televisive, invece?
Breaking Bad sopra tutte! Però House of Cards è molto sottovalutato ed è una delle più grandi serie televisive di tutti i tempi.
Tra un po’ ricomincia Game of Thrones, per altro!
E’ vero, anche se ho già letto i libri.
Te lo chiedevo perchè volevo sapere del tuo rapporto con Giorgio (Canali nda). Chiesi anche a lui riguardo le serie televisive e mi disse che ne vede parecchie. E che è dispiaciuto per la cancellazione di Flashforward. Mi racconti qualcosa su di voi?
Beh Giorgio… L’ho conosciuto meglio con ‘sei na ru mo’no wa na ‘i, anche se il nostro rapporto inizia prima di quel disco. Il disco precedente non fu accolto molto bene… non che ‘sei na ru mo’no wa na ‘i sia stato accolto bene. A livello di critica poco, a livello commerciale neanche. Nel senso che era un periodo di grandi opportunità, c’erano grossi budget pubblicitari: Maroccolo e penso anche Ferretti ci credevano abbastanza in quel disco. Quando sono andati a cercar soldi per tirar fuori questa pubblicità, venimmo giudicati commercialmente improponibili. Quindi iniziammo a suonare sapendo che non avremmo potuto seguire le orme, per dire, dei Marlene… non avremmo avuto lo stesso supporto promozionale. Ma neanche quello dei Yo Yo Mundi! Ovviamente non avremmo avuto neanche i video… Con ‘sei na ru mo’no wa na ‘i , decidemmo di non farlo perché non sarebbe passato. Normalmente, una band in questa situazione avrebbe modificato il disco, facendolo diventare più commerciale. Noi non avevamo nessuna intenzione, anche perché i concerti andavano bene. E non perché eravamo “morbidi”. Avevamo deciso di fare tutta un’altra cosa: avevamo deciso di fare un disco super duro, ancora più alternativo e spinto di La vita è facile che sembrava già spintissimo. Giorgio mi ha salvato la carriera, e la vita probabilmente. E’ venuto, i pezzi gli son piaciuti… e ha detto “non facciamo il demo, perché se facciamo il demo, questo disco non uscirà mai. Andiamo direttamente a registrare. Maroccolo si incazzerà quando sentirà quello che stiamo facendo, ma poi gli passerà”
Ti lascio con questo macigno, che è anche una citazione: Come finisce questo film, maestro?
Il film del Santo Niente finisce qua, finisce con questa serie di date. Senza rimpianti.
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Autore: A. Alfredo Capuano
Foto: Emanuela Martucci