Rumoristi puri alla Sub Pop: è possibile. Di solito li troviamo – quando li troviamo – imboscati in qualche irriducibile ultra-indie (di cui, bontà loro, si faticano a intravedere i mezzi di sostentamento): Whitehouse, Negative Approach, eroi, a loro modo, nello spingere l’umana sopportazione al noise (inteso come inestricabile e incompromissorio coacervo di rumori, altro che “noise rock”…) sempre più vicini ai propri limiti fisiologici.
Cosa ci fanno allora, con innumerevoli nastri e cd-r di rumore-e-basta alle spalle, i Wolf Eyes alla Sub Pop? Vattelapesca. Forse un esperimento di mercato per vedere quanto il marchio di un’etichetta affermata (relativamente – mica alla Universal buttano i soldi per onor della “scienza commerciale”…) e una promozione proporzionata al lustro di tale marchio riescono a spingere la vendita di un disco sul mercato.
Fatto sta che “Burned Mind” tutto ha tranne che appeal commerciale. Più che su volumi insensati i Wolf Eyes puntano sulla “formulazione” di ronzii e brusii, non sempre violenti, applicando al sound di chitarre “strapazzate” e a una voce straziata (niente testi, ovviamente) la stregonesca pietra filosofale di un chissà-come filtraggio elettronico. Fuori da un ibrido industrial-space-noise (a cui manca qualsiasi scansione ritmica), che può forse anche ricordare (‘Rattlesnake Shake’) gli “efforts” più avventurosi dei primi Tangerine Dream (e la famosa psichedelia texana? averne mai ascoltata…), non si esce, ma siamo fors’anche eufemistici. Fuori tracklist segnaliamo 4 tracce senza titolo, le prime 3 delle quali silenti (la prima dura ‘4:33’…) e un’ultima ancor più atroce di quanto faticosamente ascoltato.
Gli operai in casa pensavamo di averceli con Sonic Youth & Mats Gustafsson, e invece…
Autore: Bob Villani