“Gran duol mi prese al cor quando lo ’ntesi, però che gente di molto valore conobbi che ’n quel limbo eran sospesi”, recita il Canto IV dell’Inferno di Dante Alighieri.
Premetto che i The Smile non mi hanno mai convinto, né con l’esordio in studio “A Light for Attracting Attention” del 2022, né con il successivo “Wall of Eyes” del 2024, essendo sospesi in una sorta di “limbo” musicale indefinito; ciò malgrado il gruppo fosse composto da “gente di molto valore” (Jonny Greenwood, Thom Yorke e Tom Skinner).
Se per Dante nel limbo erano relegati i non battezzati, macchiati dal peccato originale, il peccato originale che condanna i The Smile è quello di tre musicisti impegnati a soddisfare più se stessi che a perseguire un fine comune.
Già dopo l’ascolto di “A Light for Attracting Attention” era come se permanesse un senso di sonnolente incompiutezza (per tutte “Speech Bubbles”, “A Hairdryer”, “Pana-vision”…); “vulnus” che colpiva anche i momenti meno soporiferi e più riusciti, come ad esempio nell’interessante “The Opposite”, nella bella “The Smoke”, in “Thin Thing”, in “We Don’t Know What Tomorrow Brings”, nella gradevole ballata “Skrting on the Surface”, brani che però apparivano comunque come ottimi esercizi di stile senz’anima.
Non faceva di meglio “Wall of Eyes”, in cui si riproponevano i limiti del suo predecessore, sia in termini di “narcolessia” (“Teleharmonic”, “You Know Me!”), che di buone occasioni perse per restituire un disco di valore (come con le promettenti “Read the Room”, “Friend of a Friend”, “Bending Hectic” o “Wall of Eyes”, “Under our Pillows”).
Alla medesima sorte non si sottrae l’incerto “Cutouts” (XL Recordings), registrato nello stesso periodo di “Wall Of Eyes” (“Cutouts was recorded in Oxford and at Abbey Road Studios during the same period of time as Wall Of Eyes”, si legge sul sito della XL Recordings https://shopusa.xlrecordings.com/cutouts consultato il 9.10.24) che completa l’imperfetto e deludente tris dei The Smile.
Elettronica retrò caratterizza l’impalpabile “Foreign Spies”, prima che orchestrazioni (della London Contemporary Orchestra) e tappeti sonori invadono la cantautorale “Instant Psalm”, brano tanto anonimo quanto anacronistico.
“Zero Sum” risveglia dal sonno e ravviva l’ascolto con una mistura di progressive e black music, con tanto di fiati (torna però ad aleggiare l’esercizio di stile).
Se “Colours Fly” si tinge di “etnici” e psichedelici umori su di una base ritmica gratificata dal basso ma penalizzata da un eccesso di batteria, “Eyes & Mouth” arriva a lambire (passati) territori fusion/progressive.
Non dispiace “Don’t Get Me Started” nell’uso che fa dell’elettronica e del cantato, per un brano che avrebbe meritato una più marcata dannazione ma che (purtroppo) suona più per anime del purgatorio che per anime di un (di)sperato inferno.
Che i The Smile navighino a vista lo testimonia l’intima “Tiptoe” (fuori contesto tra “Don’t Get Me Started” e “The Slip”), brano per pianoforte, voce e orchestra (la London Contemporary Orchestra) e perfetta colonna sonora per un mesto cinema d’essai (“We’re just baggage with no label/You may find us in the rubble/While you people tiptoe, tiptoe/Far away from the windows…”).
“The Slip” propone una vacua elettronica, né aiuta l’ingresso di sonorità rock che creano più “scompiglio” che altro.
In “No Words” gira bene il cantato sull’elettronica e sulla “sezione” ritmica, per una canzone che non piace e che sarebbe stata anche ottima se pubblicata 40 anni fa.
Una chitarra acustica e folk è base per una voce sopra le righe e per un cantato che cattura in “Bodies Laughing”, brano che diviene riuscita ballata (per uno dei momenti migliori di tutto il disco) con l’ingresso di tutti gli strumenti e congeda un lavoro che non lascia il segno e che conferma la poca convinzione che lo scrivente nutre da sempre nei confronti di un gruppo dal potenziale inespresso.
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