Nel 2013, con “Nomad” (disco d’indubbia bellezza, basti pensare a brani come “Amidinine”, “Imuhar”, “Azamade Tiliade” …), il chitarrista e cantautore nigerino di etnia tuareg Bombino (Goumar Almoctar) si impose con prepotenza su scala mondiale, segnando in modo indelebile la scena musicale che con i Tinariwen, Mdou Moctar, Tamikrest, Songhoy Blues … diventava sempre più realtà nascente e vivente del secondo millennio, rappresentante di un’Africa capace di contemperare tradizione e modernità di matrice rock, blues e psichedelica.
Come però spesso accade, la notorietà e il successo non sempre sono forieri di sviluppi positivi e Bombino ha in parte pagato lo scotto di essere diventato un “nome”; infatti, pur mantenendo un buon livello, i dischi successivi a “Nomad” hanno iniziato a risentire di un’eccessiva “civilizzazione” che li ha privati di quella spontaneità e “imperfezione” che era sua viscerale espressione.
E così è per il comunque ben fatto “Sahel” (Partisan Records) che si distingue per una (eccessiva, seppur comprensibile in termini discografici) pulizia nel suono (una simile operazione – a parere di chi scrive non entusiasmate – fu compiuta dalla Real Word Records di Peter Gabriel se paragonata, per tutte, alle vecchie e affascinanti registrazioni dell’Ocora francese). Non a caso, sul sito ufficiale si legge: “Bombino ha lavorato a stretto contatto con il produttore/mixer gallese David Wrench (David Byrne, Frank Ocean, Caribou, Goldfrapp, Erasure, The xx, Sampha); ciò, malgrado il disco sia composto da canzoni di vecchia e nuova scrittura: ‘“Si Chilan” è una delle canzoni più antiche del vasto repertorio di Bombino, scritta per la prima volta negli anni ’80. “Mi piace mettere in luce le canzoni che persistono nel mio repertorio da molto tempo, ma non si sono fatte strada in un album” dice. “Quando hai vissuto con una canzone per così tanto tempo, trovi sempre cose nuove, nuovi modi per esprimerla...” (si legge sempre sul sito ufficiale); ed ancora dal sito ufficiale: ‘Allo stesso modo, “Nik Sant Awanha” risale alla fine degli anni ’90 ‘ ed è uno dei commenti politici più incisivi di Bombino fino ad oggi, lamentando le divisioni tra il popolo tuareg, i rischi dell’esilio e una minaccia esistenziale ancora maggiore, la perdita della cultura tuareg. “Anche se geograficamente il deserto del Sahara è la nostra casa, così molti dei tuareg sono negati o privati di alcune necessità di base in tutta la regione” dice. “ …. Voglio convincere la gente a pensare al tuareg, a rappresentare quelle persone che non sono state rappresentate. Hanno davvero bisogno di una voce.”’,
“Sahel” si fa apprezza sin dalla apertura con la splendida “Tazidert”, con cui Bombino enfatizza l’ossessiva e tipica ripetitività (‘predica la pazienza anche se la musica stessa ti spinge a alzarti e muoverti‘ – si legge sul sito ufficiale). Di pregio assoluto la perfetta “Ayes Sachen” con il “familiare” tema per chitarra.
Da segnalare ancora l’incalzante “Darfuq” e l’acustica e affascinate “Itisahid” (in cui Bombino riscopre con maggior intimismo le proprie radici).
Chiude il disco “Mes Amis ” che ‘canta di giovinezza e amore non corrisposto. “È importante riflettere i temi personali, connettersi con le persone a livello personale, dando loro storie e temi a cui possono relazionarsi,” Bombino dice, aggiungendo che il tempo extra che ha trascorso a casa, stare con i suoi figli, ha contribuito a chiarire il suo scopo. “Tutto ciò che faccio è al servizio della mia famiglia, per dare a loro e per migliorare la loro situazione.” (sempre dal sito ufficiale).
https://www.facebook.com/bombino.official
http://www.bombinomusic.com/
https://www.instagram.com/bombino.official/
https://bombino.bandcamp.com/album/sahel
Ph. credit: Ron Wyman