Alain Johansen, nonostante un grande talento sia come chitarrista che come cantante, ha attraversato in maniera del tutto defilata la scena musicale. Fattosi conoscere nei primi anni ’90 come leader degli Eleven, gruppo hard-rock che condivideva con la compagna di sempre Natasha Shneider, passato per i Queens Of the Stone Age e per tante altre esperienze musicali, per ultimi i Them Crooked Vultures, Johansen ci regala il suo primo lavoro come solista dopo circa vent’anni di carriera.
I semi di Spark sono stati piantati nel 2008, poco dopo la morte della Shneider, un evento che lo aveva lasciato umanamente distrutto. Otto brani per poco più di 30 minuti di musica dedicati interamente alla compagna di una vita. Un piccolo capolavoro acustico, del tutto in controtendenza rispetto al suo percorso musicale, che esprime poeticamente una sorta di esplorazione del senso strugente della perdita, a cui fa da contraltare l’amara accettazione che rende il dolore qualcosa di gestibile: < <It’s killing me that I must go on living>> canta Johannes in Endless Eyes.
Sparks è una piccola gemma che parte poco a poco da questo lato oscuro, procedendo tra dichiarazioni emotive e una musica nuda quanto potentemente onesta. Tutto l’album è intessuto di un emotività pungente messa in risalto da un caleidoscopio di suoni che va dal pop agrodolce di Return To You, fino al flamenco di Gentle Ghosts, passando per il misticismo indiano di Make God Jealous. Il punto più alto è tuttavia racchiuso nei pochi attimi The Bleeding Whole. Una voce che ondeggia dolcemente su di un arpeggio di chitarra. Un andamento lento e oscuro quasi come un ombra al chiaro di luna: < <Here comes nothing I know/Wings are floating downstream/To the sea again, begin/This whole world left hanging/I feel it all/Emptiness fills the bleeding whole>>. Mai un sussurro è parso risuonare così potente.
Autore: Alfredo Amodeo