Sono gli stessi Bancale – trio orobico formato da Luca Barachetti, Fabrizio Colombi ed Alessandro Rossi – a sottolineare l’importanza che ha avuto sul loro approccio alla “parola cantata” quanto fatto da Giovanni Succi nei Madrigali Magri prima e nei Bachi da Pietra poi. E se qualche voce critica si fermerà qui, archiviando questo ep d’esordio come eccessivamente derivativo, io personalmente giudico un segnale assai interessante che stiano nascendo realtà in grado di apprendere e rielaborare la lezione dei Bachi da Pietra, piuttosto che trovarci di fronte all’ennesimo gruppo che scimmiotta modelli anglofoni o che non riesce a pensare ad un rock cantato in italiano diverso da quello di Marlene Kuntz ed Afterhours.
Animato da umori (e rumori) assolutamente personali, il vocabolario lirico dei Bancale si focalizza in maniera quasi ossessiva sulla scelta di ogni singola parola, sul loro significato (da notare le ambiguità semantiche di due titoli come “Coproduci” e “Crepa”) e sul loro ritmo, scandito da un blues scarnificato e nichilistico anche scosso da percussioni metalliche.
Se là è pietra riarsa dal sole e corrosa dal vento, qua è ferro arrugginito sotto la pioggia, eppure ancora caldo come fosse stato appena battuto tra martello ed incudine.
Autore: Guido Gambacorta