Abbiamo scambiato due chiacchiere con Annie Hart, un terzo della graziosa e leggiadra band di Brooklyn Au revoir Simone. La brunettina dai vertiginosi tacchi a spillo (con cui si è presentata sul palco del Circolo degli artisti, nella data romana del loro tour) ci ha raccontato il procedimento esatto da cui nasce la loro musica di caramello e sogni, un carillon che culla dolcemente, un segreto fatato intrecciato insieme, passo dopo passo. Dolci, carine ed ingenue? Tutt’altro. Le Au revoir Simone sanno benissimo chi sono e dove vogliono arrivare.
Au revoir Simone, una delle rare volte in cui una band tutta al femminile non si presenta con l’aggressività insita nel girl power. Come usate la femminilità nella vostra musica?
Esprimere femminilità attraverso la musica non è uno dei nostri obiettivi. Siamo semplicemente delle donne che fanno musica. Tuttavia, proprio per questo, ci sarebbe impossibile non pensare o progettare qualcosa in modo femminile. Così, immagino che la risposta più breve sia “perché siamo donne”.
Se dovreste descrivervi una alla volta con un aggettivo, quale sarebbe?
Di ampi orizzonti (far-flung)
Difficile mettere d’accordo le idee di tre donne: raccontateci come nasce una canzone delle Au revoir Simone.
Scriviamo tutte le nostre canzoni insieme. Lavoriamo ad ogni cosa nella stessa percentuale. Anche se l’idea iniziale di una canzone è di una sola di noi, le altre ci lavorano su finchè non la sentiamo appartenere a tutte. Questa è una delle cose che adoro di più della nostra band.
Rispetto ai primi brani prodotti nel 2005, l’album uscito nel 2007 ha abbandonato l’impronta naive per abbracciare maggiormente suoni elettronici. Una scelta poco scontata per l’immagine che date, a prima vista….da cosa deriva?
In realtà abbiamo utilizzato gli stessi strumenti per registrare entrambi gli album, ma abbiamo messo meno influenze elettroniche nel secondo. Molti hanno detto che il nostro ultimo lavoro, Still night Still light, è più vicino al primo album per le suggestioni sonore e le voci. Quello che so per certo è che quest’ultimo album è quanto di più vicino possa esserci a ciò che avevamo in mente di creare insieme dal primo giorno.
A quali gruppi guardate maggiormente nel panorama musicale attuale? Non è mancato chi vi ha accostate a Camera Obscura o, in alcuni tratti, Depeche Mode, passando per Blondie…
Amiamo molto ascoltare tutte e tre queste band. Ho visto da poco i Camera Obscura suonare in una chiesa ad Austin ed è stata magia pura. Personalmente mi piacciono anche gruppi svedesi come Peter, Bjorn and John, Paper, Loney Dear, Tobias Froburg e la mia ultima scoperta, Gaddan Och Braxen. Mi piace molto anche la musica indiana, in particolare Ali Akbar Khan, e la sua fantastica compilation, Golden hour, messa su con suoni elettronici casio in random.
E i musicisti del passato?
Chi è che non ama i Beatles? E ovviamente tutto ciò che ascoltavo da piccola, come Motown, Simon & Garfunkel, anche Philip Glas e JS Bach.
Le vostre canzoni nascondono spesso una storia e mettono in gioco i sentimenti e la dolcezza. Sembrate le ragazze più buone del mondo. La musica sembra un’ode al romanticismo.Quando vi arrabbierete sul serio farete del punk?
Beh, io vengo da un retaggio punk-hardcore, così ritornare agli albori non sarebbe poi così difficile. Penso che l’hardcore è qualcosa che resta sempre con te. Anche se perdi il gusto di ascoltare questo tipo di musica, la filosofia la porti dentro. Mi chiedo spesso se le persone riescono ad individuare questo anche nella nostra musica. Anche se noi per adesso scriviamo di cose dolci come amore o malinconia, ciò non vuol dire che manchino cose che ci facciano davvero arrabbiare nel mondo fuori. Però è difficile scrivere canzoni che non coinvolgano il tuo cuore nel profondo e ti trattengano in un angolo della casa con la sola tastiera a farti compagnia.
Le Au revoir Simone sono immediatamente riconoscibili per lo stile vintage anni sessanta, nell’abbigliamento e nei video. Quanto è importante questo aspetto nel gruppo e nella musica in generale?
Fin da quando ero bambina indossavo vestiti di seconda mano. Anche se si trattava di una maglietta di mio fratello, o qualcosa che mi era stata passata dai miei cugini. Solo dal liceo ho iniziato “seriamente” a fare shopping e a cercare le cose più carine. Amo il brivido della ricerca in un negozio di abiti usati e passare avventure con le amiche. In più, indossare abiti usati è una cosa buona per l’ambiente e supporta l’economia locale!
Muoio dalla curiosità di sapere dove comprate quei favolosi abitini vintage!..
Una vera appassionata non può rivelarlo!
Vi vediamo in Italia in attesa del lancio del vostro prossimo disco. Cosa dobbiamo aspettarci?
Un mucchio di difficoltà in più da parte mia! Dopo ogni show ho i crampi alle mani perché cerco di suonare più veloce delle mie possibilità. Abbiamo amplificatori e cimbali, ma ci sono sempre le nostre sette tastiere e tanto, tanto amore per il nostro pubblico.
Autore: Olga Campofreda
www.aurevoirsimone.com