Dopo la pubblicazione di “Post Pop Depression” il buon vecchio zio Iggy aveva detto che quello sarebbe stato il suo ultimo disco. E invece no! Ha pubblicato prima “Free” e ora questo “Every Loser”. Evidentemente a quasi settantasei anni non ce la fa ad andare in pensione. Ha un’energia invidiabile e un’urgenza comunicativa incredibile. Certamente questo ventesimo album solista non è ai livelli di “American Caesar” o di “Lust for Life”, ma è un ottimo lavoro, in linea con gli ultimi. Per incidere le undici canzoni in tracklist ha chiamato un gruppo di musicisti di assoluto valore, gente che sta e che ha ruotato nei Red hot Chili Peppers come Chad Smith, Josh Klinghoffer e Dave Navarro o Stone Gossard dei Pearl Jam, Duff McKagan al compianto batterista dei Foo Fighters, Taylor Hawkins, in una delle ultime session, oltre a Eric Avery, Chris Chaney, Travis Baker e Andrew Watt, quest’ultimo anche nelle vesti di produttore. Il risultato è un grande rock’n’roll, ovviamente con venature evidenti di punk e qualche buona dose di cantautorato. La carica iniziale di “Frenzy” ci evoca alcuni degli episodi migliori di “Skull ring”, brano in linea con l’emblematica, tirata ed esplosiva “Neo Punk” e con “Modern Day Ripoff”, impreziosita da un’iniziale piano boogie e che prosegue con uno scheggiato punk-rock e aggressivo e nel quale Iggy più che altro rappa. Intriga “Strung Out Johnny” perché ha rivestito il brano di quel pop colto, come avrebbe fatto David Bowie e in “The Regency”, messa non a caso nel finale, si esprime in modo riflessivo ed evocativo.
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autore: Vittorio Lannutti