Israele fa i conti con i suoi incubi e le sue amnesie nella personalissima ricerca di Ari Folman, regista israeliano che in “Valzer con Bashir” (vincitore dei Golden Globe e candidato da Israele come miglior film straniero) ripercorre i meandri oscuri della propria memoria per ritornare al 1982, quando appena diciottenne e di stanza in Libano, ha assistito inerme al massacro nel campo di profughi palestinesi di Sabra e Chatila.
Un evento di cui Folman è stato attore passivo e che la memoria ha deciso di relegare in un cassetto lontano fino a quando il sogno di un amico, 26 cani che di notte vengono a svegliarlo rabbiosi, non lo induce a recuperare – ad ogni costo – le informazioni perdute. Parte così – dopo una prima sequenza spettacolare – “Valzer con Bashir”: un film pacifista, come l’hanno definito in molti, dove Folman va alla caccia di ex commilitoni, amici, giornalisti, responsabili militari e psicoanalisti per cercare di guarire dall’oblio. L’oblio non del massacro di Sabra e Chatila in sé, bensì del ruolo che egli ha avuto in quegli eventi. I suoi ricordi sono vaghi e l’unico modo per ricomporre i tasselli della vicenda è decifrare i messaggi lanciati da un sogno ricorrente: il mare, il regista diciottenne e i suoi commilitoni che emergono dalle acque, la vestizione, le armi.
Elementi confusi per ripercorrere la storia non di una guerra ma di tutte le guerre: orrore, vittime innocenti, incoscienza, brutalità, ferocia. Folman infatti, va ben oltre la ricerca autobiografica: “perché si interroga, e ci interroga – commenta sul Corriere della Sera Paolo Mereghetti – sulle «amnesie» che cancellano ogni volta l’orrore della violenza e spingono a riutilizzarla anche se ne dovremmo conoscere la sua inutilità. E perché, utilizzando i disegni invece delle riprese dal vero, si interroga anche sull’usura delle immagini e sul modo migliore di entrare in comunicazione con lo spettatore”.
Valzer con Bashir è un docu-dramma d’animazione, asciutto, scarno, diretto, come i tratti di David Polonsky (autore dei disegni) e la colonna sonora del compositore britannico Max Richter (vincitore degli European Film Awards 2008) che ha concepito le musiche basandosi sulla videoboard, video tabella su cui sono riportate tutti i frame del film. Gli animatori hanno poi lavorato sulle immagini seguendo le note della soundtrack. Sembra che la musica di Richter sia stata molto importante per Folman: “Lo ascoltavo mentre scrivevo la sceneggiatura – ha raccontato in un’intervista – una musica melanconica che mescola classica ed elettronica”.
Coprodotto dalla francese Le Films d’Ici e dalla tedesca Razor Film, il film è stato finanziato dal governo di Gerusalemme.
Autore: Michela Aprea