Ben vengano i periodi di spietato “revival” se servono a recuperare alla memoria i gruppi “minori” di un’epoca. E in questi anni in cui è tanto di moda il recupero della new wave, del synth pop e di tutto ciò che ricordi gli anni ’80, è normale che tornino a farsi vivi (quasi a reclamare la “paternità” di un genere, o perlomeno di una particolare forma estetica) i protagonisti di quell’epoca.
Ora è il turno degli ottimi Neon Judgement, che con questo doppio cd, “The Box” fanno il punto della loro carriera tra il 1981 e il 1984 (con un piccolo accenno al meno ispirato periodo successivo rappresentato da “S.t.l.g.”, dall’album “Horny as hell” del 1988 e tre brani “registrati dal vivo, da qualche parte in Europa, durante i selvaggi anni ‘80”, come recita il booklet) e si fanno remixare (nel secondo dischetto) da alcuni degli artisti elettronici contemporanei più “cool” in circolazione: The Hacker, Tiga, Headman, Vive La Fête (tutta gente che a quel suono si ispira in maniera più o meno esplicita) …
Il duo belga, costituito dal cantante/tastierista Dirk Da Davo e da T.B. Frank (voce e chitarra), erano in qualche modo la risposta europea ai Suicide: simile approccio simil-punk, simili dinamiche electro-rock, stessa predilezione per atmosfere tese, cupe, claustrofobiche.
Questa splendida raccolta mette in evidenza le capacità del duo di fondere algide ritmiche sintetiche e chitarre puramente “rock” (“Braindance”, “I wish I could”), synth acidissimi e pulsazioni dance (ascoltate “TV treated” e “The fashion party”: potrebbero essere state registrate ieri!), melodie e strutture pop con beat ossessivi (“Tomorrow in the papers”), incubi psycho-industriali (“Nion”) e allucinazioni cyber-rock’n’roll (la grandiosa “I must be on my own”).
Nel secondo disco i brani dei Neon Judgement vengono ri-pensati per i moderni dancefloors, filtrati dalla sensibilità di djs e producers che nella maggior parte dei casi non devono sforzarsi più di tanto a renderli ballabili. Era vent’anni fa, ma sembra oggi.
Autore: Daniele Lama