La presenza degli Zen Cricus a La Mia Generazione Festival nell’edizione di quest’anno è stata particolarmente opportuna dato il messaggio che il gruppo toscano ha mandato con il suo ultimo disco “Cari fottutissimi amici” con il rimando al confronto tra la loro generazione e quella attuale.
Il trio pisano è stato l’attrazione principale della serata con circa mille persone che hanno aspettato impazienti l’ingresso sul palco della Mole Vanvitelliana del capoluogo marchigiano. Appino, Ufo e Karim Q suonano dopo le buone performance di Nudha, Leda e Alessio Fiori. Poco dopo le 23.00 sul palco è tutto pronto per l’ingresso del gruppo che vi è giunto dopo un’introduzione nella quale è stato omaggiato il film di Monicelli “Amici miei”. Quindi gli ZC attaccano immediatamente con “Catene”, seguita da “Non voglio ballare”. Appino ha suonato quasi esclusivamente l’acustica, lasciando l’elettrica e quindi gli assoli a Pellegrini. La terza canzone in scaletta, “Voglio invecchiare male” è stato uno dei momenti migliori del concerto, perché anche senza Luca Romagnoli dei Management, che ha scritto con Appino il testo e che sul disco ha cantato alcune strofe, il brano è riuscito molto bene e ha acquisito appeal grazie agli arrangiamenti da ballatona rock.
Dell’ultimo disco, inoltre, questo è stato l’unico brano proposto, ma i riferimenti più o meno malinconici al tempo che passa, e non solo, sono stati presentati in varie occasioni, in particolare con il cavallo di battaglia “Vent’anni”, in chiusura e suonata in acustico da Appino, Ufo e Pellegrini con un pubblico rispettoso che è stato invitato a restare i silenzio in modo che anche chi era in fondo potesse ascoltare. Altrettanto valida ed eccitante è stata la performance di “Fino a spaccarti due o tre denti”, resa ancora più tesa che su disco con un trascinante elettro-acustico in crescendo e con l’ottimo arrangiamento della tastiera e con tanto di assolo di Pellegrini. Non sono mancati siparietti e cazzeggi vari, come quando Ufo ha detto che “la scaletta è fatta a cazzo, sul mio foglio c’è scritto che dobbiamo fare “Ummagamma” e “Paranoid”, prima di una “Canta che ti passa” in accelerazione e de “Il fuoco in una stanza”. Nono potevano mancare poi altri cavalli di battaglia come la sanremese “L’amore è una dittatura”, “Figlio di puttana”, “L’anima non conta” e “Viva”, tutte apprezzatissime da un pubblico trasversale e comprendente generazioni che vanno dagli adolescenti ai cinquantenni.
autore: Vittorio Lannutti