“Welcome to the Mtv Music Awards!” annuncia ridendo Rufus Wainwright, dopo essersi letteralmente catapultato sul palco del Circolo degli Artisti e dopo aver suonato un primissimo brano d’apertura. Il songwriter canadese è ospite di una Roma in preda al delirio da Mtv, assediata dai fans di gruppi trendy che per un intera settimana saranno i padroni della capitale. L’evento di stasera è sicuramente rivolto ad un pubblico diverso, più attento alla musica vera e propria che ai colorati riflettori dell’emittente televisiva.
Il concerto a cui stiamo per assistere è quello di un affascinante cantautore che in un breve periodo è riuscito a guadagnarsi l’ammirazione da parte di Michael Stipe, Sting – che lo ha voluto al suo fianco nell’ ultimo tour – ed Elton John, che parla di lui come “un tesoro americano tutto da scoprire”. Rufus Wainwright sul palco è da solo, si esibisce alternandosi tra piano e chitarra acustica. Bastano le prime note di “Beauty Mark”, tratta dal suo disco di esordio, per comprendere cosa abbiamo davanti : una voce straordinaria in grado di ipnotizzare chiunque, melodie che sembrano provenire dal passato e che oscillano tra rock, folk e musica classica, il tutto suonato con una fortissima energia. I brani che seguono – tra cui spiccano “Grey Gardens”, “Greek Song”, la travolgente “California” – sono tutti validi esempi di una scrittura musicale raffinata, modellata dalla bellezza e dal gusto. Figlio d’arte – suo padre Loudon Wainwright III era un apprezzato folksinger negli anni ’60, sua madre una cantautrice tra l’altro ospite nel suo penultimo disco, “Want One”- Rufus non nasconde di essere molto legato all’opera lirica italiana, cosa che traspare da canzoni come “Vibrate” o la stessa “Greek Song”.
Man mano che il concerto prosegue, riesce ad instaurare un rapporto scherzoso col pubblico, il che rende l’atmosfera ancora più distesa; e trova anche spazio per qualche piccola storia personale. Racconta infatti di quando, trasferitosi a New York per cercare fortuna nel mondo musicale, tentava invano di proporre un suo demotape a Jeff Buckley ogni volta che questi suonava dal vivo, ma che puntualmente veniva respinto. “Ho odiato Buckley per anni!”- rivela ad un pubblico attonito – “poi, un mese prima che morisse e dopo aver registrato il mio primo disco, riuscii ad incontrarlo, e passando un po’ di tempo con lui mi resi conto di quanto fosse sensibile e fragile”. Parole e ricordi che servono a introdurre “Memphis Skyline”, brano ispirato proprio alla vita dell’artista scomparso. Si può considerare un omaggio a Buckley anche l’applaudita e riuscitissima versione di “Halleluja” “anche se prima di registrare la mia versione non avevo mai sentito la sua…che è più bella”.
Dopo canzoni come “Poses”, “Millbrook” e “Pretty Things”, che portano il concerto al suo apice, arrivano i primi bis: “Cigarettes & Chocolate Milk”, probabilmente la sua canzone più nota, e la sognante “Complainte De La Butte”, tratta dalla colonna sonora di Moulin Rouge.
Gli applausi del pubblico insistono a volerlo ancora sul palco ed ecco quindi “Gay Messiah” – “Mi diverte l’idea di suonarla così vicino al Vaticano” – ironizza- ed infine una struggente “Go or Go Ahead”, a cui spetta il compito di concludere il tutto. Emozioni così intense non si provano spesso: Rufus Wainwright è un grande artista in grado di scrivere canzoni memorabili; ed in aggiunta al suo straripante talento riesce a coniugare una simpatia ed una sincerità che lo rendono ancora più apprezzabile nella performance live. E prima di salutare il pubblico non dimentica neppure di ringraziare per l’ultima volta Mtv “…for all the help!”.
Autore: Inigo Grasso