Si chiama Il Sogno del Marinaio il progetto avant-rock di Mike Watt (Minutemen, fIREHOSE, Iggy Pop and The Stooges) condiviso con gli italiani Stefano Pilia (chitarrista, e collaboratore di Afterhours, ZU, Massimo Volume e Rokia Traoré); e il batterista Paolo Mongardi (Zeus!, Fuzz Orchestra e Fulkanelli ) che ha preso il posto di di Andrea Belli (Rosolina mar, David Grubbs, Carla Bozulich …).
Nel 2009 a Firenze formano questo side project che nel tempo diventa una formazione stabile tanto da produrre e pubblicare l’ennesimo album dal titolo “Terzo”: un mix di sonorità post punk e math rock dove ondeggiano richiami jazz-skronk, kosmische music e funk spigoloso. Questo appena uscito è il terzo capitolo discografico edito dalla label Iproved Sequence. Le otto tracce che compongono l’album sono state registrate a Casa Hanzo a San Pedro (California) poi completate al Blindsun di Bologna e gode delle collaborazioni di Ramon Moro alla tromba e Petra Haden alle parti vocali.
In occasione di questa pubblicazione la Scarry Monster Booking ha organizzato un lungo tour italiano, che si completa con un lunghissimo tour europeo di trenta concerti in trenta giorni.
Le tappe italiane sono: 15/05 Fano – Bagni Elsa Nº3; 16/05 Pescara – Scumm; 17/05 Napoli – Auditorium Novecento; 18/05 Roma – Forte Prenestino; 19/05 Bologna – TPO;20/05 Milano – Arci Bellezza; 21/05 Prato – Orto Sonoro Santa Valvola; 22/05 Vicenza – Fornace Estiva; 26/05 Staranzano (Go) – DobiaLab.
Abbiamo avuto modo di parlare con Mr. Mike Watt che ci ha raccontato del gruppo ma anche del suo passato regalandoci perle concettuali sul d.i.y.
Mr. Watt benvenuto e buon inizio del nuovo percorso con Il Sogno del Marinaio. Cosa le piace di Stefano Pilia e Paolo Mongardi, due straordinari musicisti italiani?
Sin da subito mi è piaciuto molto suonare con questi ragazzi. Hanno un loro modo di fare e sono in grado di comunicarlo mentre lavoriamo. Ci siamo allineati sul concetto di ensemble che intendo io, ovvero provare a dare il massimo per fare “qualcosa d’interessante” anche fuori dei live. Non è un rapporto passivo o procedere con “il pilota automatico”. Ho iniziato a suonare con loro e mi ci sono immerso totalmente andando fino in fondo. Vorresti mai guardare indietro alla tua vita e realizzare che l’ultimo concerto che hai fatto è stato semplicemente “timbrare il cartellino” o una “finzione”? Fanculo a sta merda. Questi ragazzi non lo hanno mai fatto e gli sono molto grato per questo. Sono autentici e questo mi aiuta e mi rende felice!
Il vostro sembrava un side project e invece siete arrivate al terzo album. E’ tutto molto serio…
Ho avuto una sensazione positiva fin dal primo concerto con il “Sogno del Marinaio”. Io mi sono appassionato alla musica insieme ad un mio amico, avevamo solo dodici anni, ed era per stare insieme. Per me fare musica è una questione personale. Non si tratta di “mettersi al servizio di uno stile di vita” o qualcosa di simile, ma quando mi piace quello che sta succedendo resto fedele e faccio del mio meglio. John Coltrane ha detto che si può suonare anche con i “lacci delle scarpe (una metafora per intendere ‘suonare con poco’, ndr) se sei sincero; si tratta della genuinità delle tue intenzioni. È da lì che vengo, da un approccio e attitudine sincero. The Stooges cantavano “sono venuti a giocare nella casa dei divertimenti” giusto? (Fun House 1970). Mi sembra una buona filosofia!
“Terzo” ha brani che s’immergono negli anni 90/2000 quando l’indie rock, il math e il post rock erano i generi che più piacevano al pubblico colto. E’ una scelta voluta o è istintiva?
Per me “Terzo” ha origine nel 2019 e credo che molte cose che facciamo sono legate ai momenti e periodi. Ma è davvero così fondamentale etichettare o necessario circostanziare la musica? Odio dannatamente questa stronzata del “genere” che riduce qualcosa di così appassionante come la musica. È come avere un muro di Berlino nel cervello e tutti ne sono ingannati. Quello che è importante in “Terzo” è che Stefano e Paolo hanno realizzato un’opera musicale con me nella mia città. È difficile per me parlare di musica limitandomi a delle categorie, e non intendo mancare di rispetto a nessuno, ma a cedere al gioco delle categorizzazioni mi farebbe sentire come se stessi deludendo i ragazzi con cui sto suonando nonché me stesso. Forse è per questo che mi piaceva la parola “punk”, perché era così bizzarra soprattutto negli anni ’70 quando non sapevi cosa aspettarti! Stefano e Paolo hanno portato delle composizioni dall’Italia e ho cercato di contribuire al meglio, onestamente e senza espedienti, senza assecondare qualcuno o qualcosa con una sorta di “scorciatoia” priva di significato. Stiamo solo cercando di creare qualcosa di serio, non una tribute band o dei cosplayer.
Tra le circa venticinque band che ha formato, e le innumerevoli collaborazioni come musicista e produttore, potrebbe dirmi a quale è più legato o quale secondo lei ha segnato maggiormente la sua vita artistica e privata?
Ogni volta che faccio musica credo di realizzare opere personali che successivamente hanno un loro posto in questo mondo. Ogni volta che faccio musica investo nel futuro senza mai perdere tempo. Ma del resto non decido io ma è la musica che prende la sua naturale direzione.
Penso che la vita sia attendere il proprio turno assumendomi ruoli nelle band/progetti/collaborazioni che ho fatto. Io da tutti ho imparato qualcosa. E’ stata, ed è ancora, una grande scuola dove si continua ad imparare. Basta essere aperti e disponibili, solo così ne vale la pena.
Ho continuato a suonare il basso grazie al pubblico che è la mia fonte d’ispirazione. Alcune persone mi ispirano realmente ed è per questo che mi piace la musica. Scrittori e anche i pittori mi ispirano: l’arte è una cosa folle, soprattutto quando riesco a stabilirci un legame sincero.
Venendo alla tua domande posso dirti che tra i ricordi particolari che ho c’è il periodo di 126 mesi passati con The Stooges, sono stati sicuramente una figata! Invece credo “Double Nickels on the Dime” (terzo album dei Minutemen, ndr) è probabilmente il miglior disco in cui ho suonato. Non lo so, è difficile per me scegliere i preferiti, mi dispiace molto perché non voglio tradire nessuna delle esperienze, è troppo vitale per me. Adesso ho sessantasei anni, ma non penso che sia il momento di spendere tempo a guardarmi indietro: devo continuare ad andare avanti… altrimenti il dubbio può paralizzarti e non voglio essere troppo egocentrico.
Lei non disdegna la produzione di musica di nicchia. Il suo impegno per la musica Alt e Avant ha ancora l’approccio filosofico del suo periodo punk. E’ una condizione essenziale questa?
Il movimento (scena punk) negli Stati Uniti è iniziato in piccolo, dal basso, quindi sono molto abituato a muovermi in questi ambiti. Per me è più uno stato d’animo anziché un tipo di suono o stile musicale. Lascio questo compito agli artisti che si sentono coinvolti a decidere come prenderne parte. Devi sapere che non ero un tipo da club fino all’inizio del movimento rock in America. Conoscevo solo la musica dal vivo fatta nell’ “arena rock”, stronzate tipo i festival a Norimberga per intenderci, che erano una schifezza! Quindi per me iniziare a vedere concerti nei club nel 1977 è stato un vero colpo di testa e non ho mai più guardato indietro.
Non mi aspetto dalla gente, quella che non ha avuto la mia esperienza, che senta tutto il “lavoro personale! Quello che ho fatto è stato un viaggio profondo.
Ho capito che l’unica cosa nuova che c’è in giro è “essere se stessi continuando a scoprilo ogni giorno”. Capii che non facevo nulla di nuovo quando scoprii che Walt Whitman nel 1855 scrisse e si autopubblicò le sue poesie e che pensava avrebbe fermato la fottuta guerra civile in America! Poi in Europa arrivò il il Futurismo, Dadaismo e il Surrealismo e ancora dopo il beat negli Stati Uniti. Se ci pensi c’è molta tradizione in queste cose che si propongono come nuove.
Oggi la filosofia D.I.Y. (do it yourself) ha ancora motivo di esistere oppure ci troviamo in un era dove se non sei allineato alla massa non emergi ed è sufficiente chiudersi nel proprio cerchio magico?
Questa tua domanda è difficile ma non penso che la mia musica sia “così bella” per le masse. Posso riassumere il mio punto di vista raccontandoti che inviai “Political song for Michael Jackson to sing” a Michael Jackson perché pensavo che se l’avesse cantata lui noi Minutemen non avremmo mai più dovuto “dare spiegazioni” su chi fossimo e quali erano le nostre idee. Non ho mai ricevuto una risposta.
Ho già fatto riferimento al libro ‘Foglie d’erba’ edizione del 1855 di Walt Whitman che credeva che i contadini o i giovani operai, all’epoca della guerra civile, lo avrebbero potuto leggere e e che avrebbero pensato: “fanculo, non dobbiamo andare in guerra”. Era un buon motivo per mostrarsi non conformisti e distinguersi. E’ importante mantenere il punto per distinguersi!
In merito al “cerchio magico” a cui fai riferimento immagino che sia un altro modo di vedere le cose. Io credo semplicemente che quando si crea sinceramente va bene. Ho sempre rispettato il pubblico durante i concerti, eppure ho suonato per tutti i tipi di pubblico e spero di continuare a farlo lasciando che sia l’etica a informare l’estetica. Basterà?
In effetti oggi c’è molta concorrenza ad emergere per ottenere l’attenzione del pubblico e può essere spaventoso se ti fermi a pensarci. Ecco perché il mio “We jam econo” non è solo uno slogan o un testo per una melodia che ho scritto (è in “The politics of time” dei Minutemen) ma è un fottuto modo di vivere!
Con Il Sogno del Mariano farete trenta concerti in un mese. Ci vuole energia ed entusiasmo per girare l’Europa in furgone e suonare tutte le sere…
Questo sarà il mio settantesimo tour. Con i Minutemen abbiamo imparato ad andare in tournée in questo modo dai Black Flag. In realtà i tour si rifanno al circuito “vaudeville” (un tipo di intrattenimento popolare degli Stati Uniti all’inizio del XX secolo, caratterizzato da un misto di spettacoli speciali come la commedia burlesque, il canto e la danza); prima che ci fossero gli album, radio, tv dovevi letteralmente andare nelle città di fronte alle persone per dare loro qualcosa di artistico, esprimerlo e lavorarci dal vivo.
Sono orgoglioso di far parte di quella tradizione. Faccio un concerto alla volta: il sole sorge, il sole tramonta: la natura può insegnarti il ritmo e mi ritrovo a seguire naturalmente quel flusso.
Negli ultimi venticinque anni ho preso nota (leggi il suo blog) di tutto grazie alle foto che mi aiutano nella concentrazione. Il tour che ho fatto lo scorso autunno negli Stati Uniti è stato di quarantotto concerti in cinquantuno giorni, 15.550 miglia e li ho guidati tutti. Non mi fermo.
Ho scoperto che per mantenere la concentrazione devi tenerti impegnato e mettere al sicuro la tua band fino alla fine del tour. Gli spettatori dei concerti lavorano duro per comprare un biglietto e vederci suonare, quindi devi dare loro il meglio che puoi. Penso che se sei completamente coinvolto in quello che fai, allora non ti devi preoccupare di nulla, se sei coinvolto, sei coinvolto!
Sembra strano ma con Napoli lei hai dei ‘legami’ e ricordi: nel 2006 suonò al Neapolis festival in una storica reunion di Iggy Pop and The Stooges insieme ai fratelli Asheton. Poi anni fa nel suo The Watt From Pedro Show ha selezionato la band hard-core punk napoletana La Via degli Astronauti. Se lo ricorda? Cosa la incuriosì?
Ovviamente ricordo “La Via degli Astronauti” perché ho passato nello show molti brani che ho trovato in rete. Mi creavano molto caos interiore. Cavolo, vorrei poterle ascoltare ancora! Ho scavato nella loro musica e nei loro suoni. Come ti ho detto non mi piace etichettare le cose o usare uno specifico genere, sono stronzate! E’ come mettere in galera la mente. Ma diavolo quegli “Astronauti” mi piacevano! Probabilmente sono molto più giovani di me! Ma va bene. Ascolto, sento e questo mi basta. [ascolta La Via degli Astronauti https://fallodischi666.bandcamp.com/album/storie].
L’aspetto positivo di Internet è la scoperta delle cose, come le fanzine del passato che non erano solo chiacchiere, ma fatti sinceri. Ma nel mio show ho anche suonato un sacco di cose dei Lepers (https://lepers.bandcamp.com/) provenienti dalla scena barese.
Per quanto riguarda il concerto a Napoli nel 2006 ricordo bene quei giorni, lo racconto anche nel mio blog. Eravamo in estate a fare un tour europeo e la data di Napoli l’apprezzammo molto. Il pubblico, mentre suonavamo “I Wanna Be Your Dog”, come sempre, salì sul palco per ballare e la sicurezza del festival fu molto violenta impedendogli di salire on stage per stare con noi. Così Iggy si arrabbiò e chiamò figli di puttana quelli della sicurezza, pagliacci che potevano solo andare a lavorare in discoteca. Ma cose del genere sono già successe, in modo diverso, in posti diversi.
Siamo ancora in tempo per sperare in un ennesimo tour di Iggy and the Stooges con lei al basso?
Mi dispiace tanto, ma penso che non ce ne saranno altri: tre di quelli con cui ho potuto suonare ora non ci sono più. Però ho chiamato Iggy il mese scorso per augurargli un felice compleanno; mi ha risposto “mi raccomando continua a suonare”.
“Lo farò Iggy, lo farò…” gli ho risposto.
https://improvedsequence.bandcamp.com/album/terzo-imp108
https://www.facebook.com/IlSognoDelMarinaio