Un nome grosso, e non lo sapevamo. Uno di quelli che è stato una guida, un mentore per gente (Aphex Twin, Royksopp) che lo ha poi surclassato per notorietà. Così va la vita, ma il 2005 di Per Martinsen aka Mental Overdrive è un anno di ritorno alle incisioni, e forse di un surplus di notorietà.
Il compito di far rinvenire il nome di uno dei pionieri della techno-ambient va a questo “083”, che non è il numero di serie attribuito da Smalltown Supersound ma il vecchio prefisso telefonico di Tromso, piccolo epicentro di questo sound (è da qui che provengono i citati connazionali, oltre che Biosphere e altri) nonostante le remote latitudini (più a nord del circolo polare – notte artica e sole di mezzanotte arrivano anche qui…).
Ed è un bel colpo questo “083”, col quale Martinsen si dimostra capace di varcare senza affanni i limiti fisiologici della techno-ambient, o, secondo una prospettiva alternativa, di dare un simile taglio a materie sostanzialmente diverse. Il punto di partenza sembra essere proprio la lunga carriera del musicista norvegese, con quegli anni 80 degli esordi che riemergono attraverso le tastiere reminiscenti di quella decade e di certa new-wave e che molto spesso (‘Dekadin’, ‘Tunglskin’, ‘Pi’, ‘Kini-I-Gin’) troneggiano su metronomici tappeti di beat.
Mental Overdrive però è anche qualcosa di ben radicato nel presente, oltre che proiettato nel futuro. Il singolo ‘Diskodans’, dal sapore fortemente teutonico, ma anche ‘Deliverance’ – in cui affiorano aggressivi bassi garage –, sono un guanto di sfida lanciato ad Autechre e glitch-hoppettari discepoli. E non è finita: ‘Kawasaki’ è sciccheria lounge con tanto di coretti campionati che fanno molto cinecittà; ‘Yeeh’ è pura licenza danzereccia da alza-il-culo-e-balla, mentre ‘Ases Tod’ è il giusto rimettere le cose a posto, nel segno di una malinconica ambient da quiete nordica, rispettosa della maestosa natura dei fiordi. Non fidatevi del moniker: la mente lavorerà parecchio, ma non abbiate saturazioni da temere…
Autore: Bob Villani