E lunedì sera e a Napoli c’è il deserto, per strada. Come, credo, in tutte le città del Bel Paese. Dalle vostre parti non è forse così? Penso proprio di si…
Le (poche) persone venute allo Slovenly r‘n’r bar pensando di trovarci gli olandesi Feverdream si ritrovano davanti ad un cambio di programma inatteso. Quelli che vagabondavano per la città e non sapevano che fare, e che per un motivo o per un altro (anche solo per ripararsi dal freddo) sono capitati qui, non saranno sicuramente rimasti delusi.
Prologo: i Feverdream, causa infortunio di uno degli elementi della band, hanno annullato tutte le date al Sud Italia, e sono stati sostituiti in extremis dai modenesi ThreeInOneGentlemanSuit.
Ad aprire la serata un gruppo napoletano, com’è sana usanza allo Slovenly. Si chiamano Low-Fi, sono giovani ma sanno il fatto loro, e disturbano piacevolmente le nostre orecchie con il loro indie rock rumoroso, le loro melodie acerbe sommerse dalle distorsioni, le vibrazioni dei Sonic Youth periodo “Dirty”, un suono potente ed equilibrato, semplicità e buone intuizioni. Bravi. Una bella scoperta.
Poi è il turno dei ThreeInOneGentlemanSuit Anche loro giovani, anche loro un trio. I ragazzi sentono un po’ sulle spalle la responsabilità di sostituire i Feverdream. Ma sin dalle prime note non fanno per niente rimpiangere i tre post-punker di Rotterdam, anzi!! Il pubblico stravaccato sui divanetti è avvolto subito dal loro sound caldo, viscerale, nervoso e sapientemente costruito sull’alternanza tra stati d’apparente quiete e squarci sonori straordinariamente intensi (“Test the ice”, “Fellow soldiers”). Certo, è più che evidente che la band sia stata (per usare un eufemismo) “illuminata” dalla musica dei Karate (dai primi Karate, per nostra fortuna, quelli spigolosi, quasi “emo” degli esordi), e non faccia niente per nasconderlo. Ma suonano con una passione che non può lasciare indifferenti, e i presenti lo percepiscono, e applaudono, coinvolti da tanta emotività, toccati al cuore da un suono vitale, che si muove sinuoso e poi subito graffiante, a rilevare gli svariati stati d’animo del loro rock struggente e sognante. Suonano bene, sono stanchi (le otto ore di furgone tutte d’un fiato si fanno sentire) ma emozionati, manco davanti a loro ci fossero centinaia di persone. Si crea una bella atmosfera, intima. Ed è stupendo scoprire che in giro ci sono (ancora) persone come i ThreeInOneGentlemanSuit, spuntati fuori da chissà dove, all’ultimo momento, per sostituire un’altra band, armati di un’umiltà quasi eccessiva, di un’attitudine nei confronti dell’essere musicisti-indipendenti-in-Italia-oggi che troppo spesso diamo per scontata (a buon intenditore poche parole…), e – soprattutto – capaci di riscaldare un inutile lunedì sera come tanti.
Autore: Daniele Lama