All’una di notte di un venerdì tredici ascolto il disco dei Baustelle. Escono nei giorni preferiti per i film di serie b, coi temi depravati da ogni protezione, quando non ci sono prove né una forma redditizia di pubblicità. Io ascolto e faccio un film, seguendo frasi per riempire i vuoti nelle strofe. I bambini sono a letto. Non parlo. L’unica voce è l’eco elettrica di una televendita, in cuffia c’è l’amore di Moana, lo hanno liberato dalle foto patinate e raccontato nella plastica dei pezzi ripieni di altri pezzi.
Vedo il disegno familiare dei salotti, dei posacenere da bar a forma di bastone, la lacca e i quadri, le scacchiere e i soprammobili, i capelli con la fila e i baffi, le foto colorate sulla carta kodak.
Dodici canzoni come cioccolatini zuppi di liquore, fermi appena prima del disgusto, del senso di rigetto che rimette i grandi vecchi. Alberto Camerini, Franco Battiato e Moroder si godono il primo nudo di una giovane Carrà. Gira il nastro di ritorno, le cassette custodiscono rotoli di profezie. C’è una pista con gli specchi, una signorina col vestito rosso danza e muove il capo chino per i colpi dei martini e il peso di un collier.
Cantiamo tutti insieme che le radio smetteranno i karaoke, e per magia le parole indigeste avranno un altro senso, Betty, Amanda Lear e Ragazzina sono perle nello sterco che restituisce come nuovi i chicchi di granturco.
Vorrei Cotugno, Albano con Romina, i Festival e poi Baglioni, le melodie elettroniche. Una canzone senza tempo somiglia ad una ex, si riconosce e dice tutto senza neanche una parola.
E’ tardi ormai, hai guardato troppo avanti, è sempre tardi, sento i pezzi e parlo con il disco come fosse chissà chi -Mi sembra di conoscerti -gli dico, ma una vecchia storia non mi può rispondere, ho voglia di una estate senza fine, è come quando mia cugina mi baciava sotto il letto con l’amaro Averna in bocca e i genitori ad aspettare mezzanotte. Nino D’Angelo è tornato. Mia madre dorme con la tele accesa, la gente porta in giro le autoradio sotto il braccio, cadono dagli alberi le mille lire, la domenica alle tre ci sono tutte le partite insieme.
La nostalgia si veste per la festa. Balliamo separati tra lo specchio e il cesso prima che sia ora. Facciamo sesso contro il terrorismo, praticando i desideri. Sono sempre uguali. «Volevo dirti che non sono mai felice – dico a te ma tu ti spogli e non mi senti- ho la testa altrove, per favore prova a chiedermi qualcosa che mi dica quando è stato che».
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autore: Alfonso Tramontano Guerritore