“Un album strano, originale e allo stesso tempo cool. Non so se e quale pubblico avrà, non è un prodotto commerciale, dentro c’è solo voglia di fare buona musica”.
Quale migliore definizione per Tyranny, il secondo album solista di Julian Casablancas, al secolo leader e cantante degli Strokes, di quella data da lui stesso?
C’è in queste parole tutta la consapevolezza del buon Julian di aver realizzato (complice la Cult Records, etichetta da lui stesso fondata per sbizzarrirsi nei side-projects) un prodotto assolutamente di nicchia, progressive, decisamente alternative e leggermente punkeggiante, persino per il leader di una band che commerciale non lo è stata mai, e anzi a cavallo del 2000 è stata tra quelle che più hanno contribuito a creare dei suoni ‘innovativi’.
Tuttavia il folk-conutry elettrico e post-moderno degli Strokes davvero è lontanissimo da quanto si ascolta in questo disco, dove praticamente ogni canzone è una sperimentazione a sé. Lontanissima rispetto al sound degli Strokes è Take me in your Army, dall’incedere ipnotico e lobotomico, mentre Crunch Punch è forse il pezzo più vicino alle vecchie melodie, soprattutto nel ritornello, ma è come sentire degli Strokes cattivi e inaciditi, proprio come in Where No Eagles Fly, o in Johan Von Bronx. Del tutto prog-punk è invece M.utually A.ssured D.estruction, così come Business Dog, mentre Father Electricity è un punk elettrico, fino al singolo Human Sadness, autentica provocazione questa per il mondo del broadcast, è una composizione che dura ben 11 minuti. L’album si conclude con Xerox, che torna alla lobotomia stile trip-hop, e tira fuori un autentico capolavoro, come Dare I Care, per finire con la maggiore calma di Nintendo Blood e Off to War.
Il risultato è una miscellanea di suoni spesso inediti, interessantissimi, di altissimo livello sonoro, magari inascoltabili ai più anche tra i fan degli Strokes, ma certamente ricercati, lavorati, studiati con precisione chirurgica.
Casablancas non è nuovo a side-projects: il 2 novembre 2009 uscì in Italia il suo primo lavoro solista Phrazes for the Young, formato da otto composizioni, in cui già si esprimeva tutta la creatività di Julian che lui stesso ha dichiarato sinceramente di non poter affrontare con gli Strokes.
Ha inoltre collaborato al singolo Boombox dell’album Incredibad dei Lonely Island e nel 2013 ha collaborato persino con i Daft Punk, nella canzone Instant Crush.
Per cercare un sound il più possibile distante da quello della band principale, Julian si è costruito una band per conto suo: i The Voidz, formata da Jeramy “Beardo” Gritter (chitarra), Amir Yaghmai (chitarra), Jacob “Jake” Bercovici (basso, sintetizzatori), Alex Carapetis (percussioni), Jeff Kite (tastiere) and Shawn Everett (produzione). Per Kite e Carapetis non si tratta della prima collaborazione col cantante: avevano preso parte al primo album solista di Casablancas.
E allora? Finita l’epoca Strokes? Julian non lo ammette direttamente, ma si capisce che (almeno per ora) questo è il territorio che lo interessa di più. E mentre la band principale è ferma a Comedown Machine del 2013, lui decolla con un lavoro che certo non gli farà calcare palcoscenici stellari. Ma va bene così, visto che lui è felice come una Pasqua, e i suoi fan (e non solo) saranno allettati da un qualcosa di assolutamente non sentito su cui arrovellarsi per cercare paragoni e differenze, come sempre accade, anche contro la volontà degli autori, per gli album solisti.
www.juliancasablancas.com/
www.cultrecords.com/
autore: Francesco Postiglione