“Dissero che era contro la legge mettere su un’asta qualsiasi bandiera che non fosse quella americana. Allora io issai una bandiera della Svizzera. Mi dissero che non potevo esporre nemmeno quella, così pensai: < <Ok, se mi dovete sbattere dentro, almeno che ne valga la pena>>, e issai la vecchia svastica”. A parlare è Ron Asheton, chitarrista e bassista degli Stooges, ma anche chitarrista nei New Order, Destroy All Monsters e Dark Carnival. E questo è solo uno delle migliaia di aneddoti raccontati in “Please Kill me” il libro di Legs McNeil, fondatore della rivista Punk e Gillian McCain, poetessa e redattrice di Poetry Project Newsletter, che, come dice il sottotitolo, racconta “il punk nelle parole dei suoi protagonisti”.
Questo libro uscito ad aprile per Baldini Castoldi Dalai (traduzione di Riccardo Vinello, 631 pp, 19 €) è un insieme di intervistefatte ai protagonisti delfecondo periodo artistico newyorkese (soprattutto newyorkese) tra i ’70 e gli ’80, quando molti dei gruppi che calcavano quelle scene ancora non sapevano di essere punk e soprattutto non sapevano cosa sarebbe stato il punk. Ma è proprio in questi personaggi, nel loro modo di vestire, di comportarsi che questo movimento rivoluzionario poggia le basi. “Alcuni pensavano che Patty (Smith, ndr) fosse una ragazza brutta, capite, come se essere brutti fosse una colpa. Lei però non era brutta, era solo che nessuno aveva un aspetto simile a quei tempi. Era magrissima e si vestiva in modo strano. Aveva un look tutto suo che, a ripensarci oggi, anticipava l’intero movimento punk”, questa, invece, è Penny Arcade, attrice in Women in revolt di Andy Warhol, che diventerà amica della Smith.
Possiamo dire che “Please Kill Me” è un montaggio acido degli anni in cui si mettevano le fondamenta a un rock dell’eccesso che avrebbe influenzato le generazioni a venire. Ogni avvenimento è raccontato a più voci alternate. E ci sono tutti: Iggy, che si rotola strafatto sui vetri rotti, Lou Reed e Bowie che, in parte, ne escono con le ossa rotte (ma non sono gli unici, Tom Verlaine non ne esce meglio) c’è Patty Smith che aspetta con Robert Mapplethorpe sul marciapiede di fronte al Max’s dove tutta quella vita si svolgeva e che la teneva fuori a causa di quell’abbigliamento strano.
Sono gli anni dello stereotipo del droga sesso e rock&roll, che all’epoca si stava costruendo e che oggi va sempre più sfaldandosi. C’è un inventario di droghe al quale può, forse, tenere testa solo il Thompson di “Paura e disgusto a Las Vegas”.
In queste interviste c’è la nascita e la morte del punk e di Punk, la rivista di McNeal che partendo da una copertina di Lou Reed e un’intervista ai Ramones divenne un punto di riferimento in quegli anni. Si entra nel mondo rock, sembra di essere seduti a bere una birra al Max’s piuttosto che guardare i Television al CBGB’s e fare di quel locale un monumento alla storia del rock. Sembra di vedere le case fatiscenti in cui vivevano e i fantasmi vaganti nelle notti e nelle strade newyorkesi.
Chi non è nato in quegli anni, o comunque non li ha potuti vivere, ma adora il rock and roll non potrà che farsi trascinare in quelle avventure, che sono, sì, le basi di tanti successi, ma lo sono solo per quelli che alla fine ce l’hanno fatta. Si, perché la morte aleggia, ovviamente, sempre. Sia quella vera che colpisce ad esempio gli Stooges quando morì Dave Alexander, bassista del gruppo, o quelle ben più famose di Nancy Spungen e Syd Vicious, sia quella che sembra accompagnare tutti i protagonisti del libro, come fosse un burrone messo lì a un metro di distanza dal piede di ciascuno di loro.
È un lunghissimo backstage con Richard Hell che mette la maglia con su scritta la famosa frase “Please kill me” che dà il titolo al libro ma che la leva per paura che lo uccidano davvero o l’esilarante scena in cui un Elton John travestito da gorilla sale sul palco ad afferrare per la nuca un Iggy Pop strafatto che non capisce cosa ci faccia un gorilla sul palco.
Arriva, poi, il momento in cui la scena si sposta dall’America alle strade londinesi dove grazie a gruppi come Sex Pistols e Dead Boys e Clash il punk diventa un vero e proprio genere, un modo di vivere che lo vedrà scontrarsi e non solo metaforicamente con i Mods. A differenza degli USA dove il punk è sempre un sottogenere del rock solo un po’ più semplice e con qualche riff orecchiabile in più, in Inghilterra, quindi, questo sarà il genere che la caratterizzerà per un periodo lunghissimo.
Uno degli artefici di questo fenomeno fu Malcom McLaren che già ci aveva provato (fallendo in parte), verso la fine della carriera dei New York Dolls e che allontanatosi dal glitter rock, aveva preso in mano, a Londra, un gruppo di ragazzini che chiamerà Sex Pistols (“che per me significava un sacco di cose. C’era l’idea della pistola, di una pin-up di qualcosa di giovane, un assassino attraente – un’arma sexy” dice McLaren) e che porterà in cima al mondo. A loro affiancherà gli Heartbreakers, costola dei NYDolls, che però partirono in tour subito dopo la famosa intervista di Johnny Rotten al Bill Grundy Show, quando più della metà delle date fu cancellata e l’Inghilterra puritana si scatenò contro di loro.
E da Londra si torna in America, con il punk inglese che, appropriatosi dell’etichetta, cerca di appropriarsi anche di quel pubblico. È la fine dei Sex Pistols, ma forse è anche la fine del punk come era inteso all’inizio da McNeal. Il punk inglese non ha nulla a che fare con quello americano. “Dalla sera alla mattina il punk era diventato stupido come tutto il resto. Era stato una meravigliosa forza vitale articolata dalla musica che puntava a corrompere qualsiasi cosa, che invitava (…) a scegliere da solo la vita che volevi (…) qualcosa che diceva che non era importante essere perfetti, e che andava bene essere un po’ dilettanteschi e buffi, che la vera creatività nasce dal disordine (…) ma (…) i media si erano impadroniti del fenomeno e l’avevano trasformato in qualcosa di fasullo. Il punk non apparteneva più a noi. Si era trasformato in qualcosa che odiavamo”, così sfoga tutta la sua delusione e disillusione proprio McNeal, lo stesso che con la sua rivista aveva dato via a una parte di quel fenomeno.
New York Dolls, Sex Pistols, Hearthbreakers, Mc5, Television, e poi Syl Sylvain, Richard Hell, Jonny, Joey, Tommy e Dee Dee Ramone, le groupie come Nancy Spungen, Connie Ramone sono nomi che ormai sono impressi in maniera indelebile in chiunque ami il rock, e se non conoscete quei nomi, quella musica e quell’ambiente forse potete ancora recuperare qualcuna di quelle sensazioni.
Il Punk-rock non sarà morto, ma quanta nostalgia.
Autore: Francesco Raiola
www.bcdeditore.it/Catalogo/Scheda_libro.aspx?id=2129