Basterebbe una piccola gemma come “Blue As Your Blood” a giustificare da sola il prezzo del CD: uno scheletro minimale, con due-note-due di chitarra e un rimshot incalzante, cui subentrano prima degli archi, poi un’altra titubante chitarra elettrica, a ricamare un’atmosfera avvolgente in cui galleggia la voce intensa ed emozionante di Hamilton Leithauser.
I Walkmen non saranno mai una band “figa”, da copertina di riviste patinate. Ma, lontani dalle luci della ribalta, sono riusciti ancora una volta a mettersi una spanna sopra molte delle band loro contemporanee con un disco, il sesto della loro carriera, che non sarà un capolavoro, ma che è sicuramente tra le cose più godibili che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi mesi.
La loro musica, che trasuda calore di amplificatori valvolari, alcool e nicotina, è sincera, credibile, suonata ora con toccante delicatezza (penso alla title-track), ora con furore e sana disperazione (come descrivere altrimenti il mood di “Victory”, o di “Angela Surf City”?).
Sfuggono a facili riferimenti e classificazioni, i Walkmen. Sono “semplicemente” una rock-band capace di scrivere splendide canzoni (l’arrangiamento e la melodia di “Juveniles” sono di quelli che ti fanno venire voglia di riascoltarla a ripetizione), guardando al passato (da Dylan ai Velvet, passando per i Modern Lovers e i Television), ma con una sensibilità assolutamente contemporanea. Bravi!
Autore: Daniele Lama