E’ complesso portare avanti una lunga carriera musicale come quella dei Calexico. Il rischio di ripetersi è dietro l’angolo e molte band affermate, ormai, campano di rendita e di tour…Il gruppo di Joey Burns e John Convertino, almeno in questa occasione, scampa il pericolo, puntando sulla forma canzone ed una manciata di melodie che lasciano il segno.
Il viaggio di confine che ogni volta li accompagna, non tocca nuovi territori ma osserva le esperienze passate da altra angolazione e con occhio più focalizzato.
Bisognerebbe avere un cuore di pietra per non apprezzare il lento incedere di “Epic”, la più ritmata “Splitter” oppure evitare di lasciarsi cullare dall’intimità delle varie “Sinner In The Sea”, “Fortune Teller”, “Para”.
Belle davvero anche la messicaneggiante “Puerto” e la sentita ballata “Hush”. Mancano a questo giro i ripetuti strumentali in odor di mariachi, eccezion fatta per il pezzo che da’ il titolo all’album.
Il resto dei brani, pur non potendo contare sulla stessa forza evocativa, rimane di buon livello. Come si diceva all’inizio, le basi su cui poggia il sound dei Calexico, bene o male, rimane quello in bilico tra folk-rock, rimandi jazz e suggestioni latino-americane.
Uno stile musicale che, nel corso del tempo, ha perso in imprevedibilità, ma il duo di Tucson pare ancora ispirato al punto giusto.
Rimpiangere il passato, a questo punto, non ha molto senso. Seppure il gruppo volesse raggiungere qualche soddisfazione commerciale in più, non si potrebbe dargli torto, dato che “Algiers, pure sotto il punto di vista artistico, è un signor disco.
Autore: Lucamauro Assante