“Non abbiamo mai avuto l’occasione in venti anni di suonare queste canzoni così come le avevamo originariamente scritte. Sono canzoni notturne, l’album fu scritto in tarda notte e le canzoni lasciano intuire l’ora tarda: finalmente oggi riusciamo a riprodurle nella maniera in cui sono state originariamente concepite”: così Johnatan Donahue, il leader riconosciuto dei Mercury Rev, presenta e spiega il motivo di questo tour live per ripresentare al pubblico il loro disco più noto e famoso, Deserter’s Songs, in occasione del suo ventennale di uscita (l’album fu ripubblicato nel 2011 in edizione Deluxe con inediti vari).
L’occasione si intuisce subito ghiottissima per i pochi fortunati (circa un centinaio) che assistono a questa nuova messa in scena del disco nella cornice del teatro moderno di Savignano sul Rubicone, cittadina a pochi chilometri da Cesena.
Qui fa tappa infatti il tour italiano dei Mercury Rev, la band di Buffalo antesignana del dream pop negli anni ’90 e formata attualmente da Jonathan (voce/chitarra acustica), Sean “Grasshopper” Mackowiak (chitarre, clarinetto, tettix) e Jeff Mercel (batteria, piano, tastiere). In Italia il tour di Deserter’s Songs ha toccato in settembre anche il Serraglio di Milano, l’Unplugged in Monti di Roma e l’Anfiteatro del Venda di Galzignano Terme (PD).
Il concerto, che è più corretto definire uno spettacolo musicale a teatro, comincia con The Funny Bird, seguita dalla stupenda e poetica Tonite It Shows, per poi esibire subito la chicca di I Collect Coins, la strumentale eseguita qui sul palco da Donahue con una sega metallica e un arco di violino.
Segue poi Hudson Line, mentre un Donahue evidentemente ispirato e divertito si intrattiene dopo ogni pezzo col pubblico raccontando aneddoti del disco e della sua creazione.
La scaletta (mescolata) di Deserter’s songs si alterna con cover scelte dalla band per celebrare le sue passioni musicali e le sue ispirazioni più forti: giunge il momento dunque della cover di Here degli indimenticati Pavement, poi si ritorna con la celebrazione delle canzoni del disertore con la splendida Endlessly, e poi Delta Sun Bottleneck Stomp, poi è la volta di un’altra cover, Sea of Teeth degli Sparklehorse, altra band che Jonathan omaggia sul palco, ricordando in un altro dei suoi intermezzi che il successo di Deserter’s Songs spinse Mark Linkous a contattarli per chiedere di fare qualcosa insieme.
L’album è a metà della sua esecuzione dal vivo, per cui la band si riserva i suoi pezzi più belli per il gran finale: arriva Goddess on a Hiway, poi la celeberrima Holes, Si chiude con una sontuosa Opus 40, suonata per l’occasione con la collaborazione di Herself alla grancassa (al secolo Gioele Valenti, che ha fatto da one man band di supporto all’inizio del concerto): la band è rapita da un furore creativo, il pubblico è estasiato, e la performance dura molto più dei 5 minuti della canzone. La potenza sonora del dream pop dei Mercury Rev emerge totalmente in questo finale, che trova spazio per chiudersi con The Dark is Rising, canzone di All is Dream, l’album del 2001, che Johnatan presenta così: “Questa canzone non fa parte di Deserter’s Song, ma avrebbe potuto!”
Il concerto termina qui, nonostante che il pubblico, tutto in piedi, li acclami per almeno un minuto dopo i saluti e gli inchini.
Un concerto che si potrebbe definire surreale, per la location (una delle band più note dell’alternative anni ’90 che suona in una cittadina di provincia), per la scaletta ridottissima, per l’atmosfera onirica sapientemente lavorata anche dalle luci (perfetta la resa scenica nel teatro), per il clima da festa per soli intimi che Grasshopper e Donahue hanno deliberatamente scelto di tentare per questo azzardato tour di rivisitazione di Deserter’s Songs, (un quarto del tempo del concerto scorre con i racconti di aneddoti e dettagli di Jonhatan, che veramente sembra rivolgersi a degli amici mentre parla dal palco). Surreale il clima soprattutto per la musica ipnotica e onirica, e per i testi poetici e ispirati, che la band ha saputo creare venti anni fa con il loro disco più celebre, e che in questa occasione riesce perfettamente, anche se in tono minore, a far rivivere, mostrando di essere ancora in piena forma artistica e tecnica.
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autore: Francesco Postiglione