Gli australiani Pond, da non confondere con l’omonima band di Portland attiva negli anni Novanta, sono in pista da ben quindici anni durante i quali hanno confezionato la bellezza di dieci album, compreso quello appena pubblicato dalla Spinning Top Music. La band di Perth vive una storia parallela con i ben più famosi concittadini Tame Impala, con i quali c’è un continuo interscambio di musicisti, visto che molti membri dei Pond suonano stabilmente nei concerti della band di Kevin Parker, mentre quest’ultimo èsempre pronto ad intervenire nella fase di produzione dei dischi di quella capitanata dal duo Nick Albrook/Jay Watson.
Ma se i Tame Impala con l’acclamato album “Currents” (2015) hanno raggiunto una popolarità internazionale, per i Pond si può dire che il loro livello di successo resta ancora confinato in una nicchia di appassionati seppure non ristretta come quella dei puri aficionados dell’Aussie-rock. Le cose però potrebbero ben presto cambiare con questo ambizioso doppio album che si prospetta molto interessante per come è capace di ampliare la forma del disco precedente “9” pubblicato tre anni orsono.
“Stung!” è un album che ha bisogno di essere ascoltato più volte per essere assimilato in pieno, ricco com’è di canzoni complesse e di sonorità differenti che si susseguono: dalla psichedelia al dream-pop, passando per brani ricchi di groove funky, ed approdare anche ai lidi del power pop. E se la musica ha davvero tanto da dire, non dimeno sono i testi che Allbrock propone ricchi di un’inquietudine che spesso contrasta con la solarità dei suoni.
L’apertura è affidata a “Constant Picnic” un soave brano dream pop irresistibile con chitarre leggere e strati di synth sui cui si innestano le voci ariose di Allbrook e Watson, mentre il tutto viene sorretto dal prezioso drumming di James Ireland, per una combinazione dal sapore molto vicino agli anni Ottanta. Subito dopo arriva un deciso cambio d’atmosfera con “(I’m) Stung” brano destinato a diventare hit irrinunciabile nei concerti futuri, con le sue linee di chitarra accattivanti ed un ritornello irresistibile.
Ma l’idea che inizia ad insinuarsi nella mente dell’ascoltato viene subito deviata prima da “Neon River” brano che alterna atmosfere soffuse e sognati con riff di chitarre che rimandano direttamente ai Led Zeppelin, complice anche il cantato di Allbrook che richiama quello di Plant. Poi arriva un brano decisamente funky. “So Lo” potrebbe essere una outtake del precedente album “9”, oppure arrivare da un album dei Talking Heads, con il suo groove fatto da un basso trascinante e chitarre spezzettate che dettano il ritmo.
“Black Lung” è uno dei brani che hanno anticipato l’album ed è un classico brano dei Pond che fa emergere il loro lato psych-rock spaziale con i sintetizzatori protagonisti che danno corpo al brano e con Allbrook che gioca ancora una volta a fare il verso a Robert Plant. “Sunrise For The Lonely” è una traccia delicata e sognante messa lì quasi come a volere offrire una pausa e preparare il terreno a quanto seguirà. “Elf Bar Blues” è uno strumentale, forse prescindibile, che serve a fare da traino alla successiva “Edge Of The World Pt. 3” (le parti 1 e 2 sono in “The Weather”del 2017), di certo la canzone più riuscita dell’intero album. Si tratta di una lunga suite che richiama la versione più classica dei Pond psichedelici, con vari cambi di atmosfera lungo gli oltre otto minuti di durata, con dei passaggi che quasi sembrano avere una matrice progressiva che flirta con il rock pinkfloydiano.
“Boy’s Don’t Crash” è un pezzo indie rock talmente accattivante che riporta alla mente tante hit dell’era delle collage radio di metà anni Novanta. “O’ UV Ray” è un altro brano molto ben costruito che si regge molto sulle armonie vocali, mentre “Last Elvis” rappresenta la versione power-pop dei Pond ed è anch’essa destinata a diventare un’altra hit da concerto. Dopo un brano abbastanza anonimo come “Elefant Gun” il disco si chiude in bellezza con “Fell From Grace With The Sea” brano con una coralità che cresce con il passare dei minuti e che tende a diventare sempre più importante nel suo impianto testuale.
Con “Stung!” i Pond offrono una prova significativa della loro crescita artistica, mostrando di avere una spiccata capacità creativa tesa a realizzare musica avvincente che seppure sia ricca di riferimenti classici, non risulta mai stucchevolmente derivativa.
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