In occasione della loro nuova fatica discografica, gli Zen Circus sono di tappa a Napoli. “Canzoni contro la natura” è l’ottavo album della band che, a dispetto degli anni di presenza nel panorama musicale, gode di un’ottima salute che si manifesta in tutta la sua freschezza nei live sempre coinvolgenti e trascinanti. Gli Zen Circus ci sono! E non deludono.
Andrea Appino (voce e chitarre), Karim Qqru (batteria e cori) e Massimiliano “UFO” Schiavelli (basso e cori) sono gli storici componenti della band e li abbiamo intervistati tra il soundcheck e il live. Tra una battuta su Napoli e un’altra sulla Toscana, si crea un clima molto disteso e rilassato grazie al quale i tre toscani ci racconteranno il loro ultimo lavoro, qualche aneddoto sugli esordi e la crisi del mercato discografico.
Spesso accusasti di scrivere testi impregnati di pessimismo, anche durante il soundcheck la parola più ricorrente nei dialoghi con i fonici è “disagio”.
Ragazzi, ma c’è davvero tutto questo disagio nell’aria?
UFO: Ma no, è per fare un po’ i giggioni. Nei testi c’è ma non è così nero. Il disco punta a mostrarti anche la speranza.
Il disco appunto; parliamo del vostro ultimo lavoro, Canzoni contro la Natura, visto che siete in tour per promuoverlo. E’ un concept?
Andrea: Il nostro ultimo disco è uno dei molti nostri dischi. Noi abbiamo questo tipo di presunzione/presentazione. Anche se la maggior parte del pubblico, l’ho letto anche oggi di nuovo su internet, pensa che il primo disco degli Zen Circus sia “Andate tutti a fanculo”. No! È stato solo il primo in italiano!
UFO: i nostri dischi andrebbero visti dal lontano nel complessivo, secondo me. Questo è un capitolo diverso ma ha anche delle continuità con i lavori precedenti. Poi ognuno può essere letto singolarmente come un tassello a sé stante, però mi piacerebbe che vengano visti e giudicati nel complesso.
A partire dal primo (About Thieves, Farmers, Tramps and Policemen, autoprodotto, ndr), che pure ha degli elementi che salteranno fuori anche più avanti.
Andrea: anche se la parola ‘concept’ non si usa più, ormai i discografici ti uccidono se la pronunci…
UFO: diciamo “tema unificante”: il dissidio tra noi e come vediamo il mondo. L’idea che abbiamo di noi e del mondo. La discrepanza tra quello che t’immagini dell’universo mondo e come esso sia nella realtà.
Andrea: e per raccontarlo partiamo dall’Italia, in cui è sempre tutto un po’ peggio, con molto disincanto, senza edulcorare nulla.
Ma la musica deve far sognare. Chi ascolta musica, vuole sognare…
Andrea: Ma io sono molto d’accordo! Ma anche il disincanto fa sognare: è come dire che i Joy Division non hanno fatto sognare nessuno. Lì non c’era molto incanto. All’interno del panorama della musica italiana noi vogliamo essere i rompicoglioni che ti dicono che non va bene!
Ufo: quelli che creano un po’ di dubbio, anche socratico se vogliamo… Oddio, forse sto esagerando *sorride*.
Andrea: Poi, naturalmente, se vieni a un nostro concerto, sai che è una festa. L’idea di fondo, però, è quella lì. Quest’anno siamo un po’ più esistenzialisti. Magari qualcuno voleva sentirsi più dentro le canzoni, forse? Che si parlasse di lui? Ma noi volevamo parlare di tutti!
Qqru: stavamo pensando di fare un disco sulla natura in modo molto fatalista, non facendo un disco ecologista ma usando il concetto stesso di madre natura in maniera molto fatalista, di qui il discorso di Ungaretti (alla fine della title-track Canzoni contro la natura, viene riproposto un estratto dell’intervista di Pier Paolo Pasolini a Giuseppe Ungaretti del 1965, ndr).
Tra i vari passaggi del poeta, possiamo ascoltare che “l’atto di civiltà è contro natura”. Un’affermazione molto forte.
UFO: È una questione che si lega allo scetticismo, da non giudicare come negativo di per sé. È una presa d’atto. Nella nostra visione del mondo, non possono essere sistemate con un po’ di scienze olistiche: mi ritrovo l’anima, la curo un po’ e via… E se l’anima non ci fosse? E se poi anche ce l’avessi? Come faccio a ritrovarla?
Andrea: l’altra cosa molto bella che ci succede quando partiamo per qualche data, e ormai lo facciamo da 15 anni è che quando qualcuno domanda “Quando arriviamo?”, qualcun altro risponde sempre “SE arriviamo…”. Comunque lo ripetiamo e lo ribadiamo: noi siamo quelli rompicoglioni che non vi diranno mai che va tutto bene. Anche se, per assurdo, andasse tutto bene.
E per ora dite la verità, perché le cose non vanno affatto bene.
La fusione dei generi come ricetta del successo. Da adolescente ascoltavamo il grunge dei Nirvana, altri amici il punk inglese, altri ancora l’hip hop, e fra noi non c’era molta comunicazione. Oggi c’è una grande fusione musicale, all’interno della quale vi inserite perfettamente. Vi siete anche auto-definiti, in una canzone, folk-punk-rockers.
Andrea: va anche detto che quand’ero piccoletto, al Macchia nera, il centro sociale dove sono cresciuto, dove siamo cresciuti un po’ tutti noi, al concerto hardcore c’era dal tipo ingiacchettato al frikkettone, eh!
Qqru: la storia che hai raccontata è quella che ho avuto anche io fino a 17-18 anni, pur ascoltando molti generi musicali. Il Macchia Nera era un po’ una mosca bianca però.
UFO: Esatto. Questo è un po’ quello che abbiamo vissuto noi. Quel tipo di idea ci ha forgiati. E alla fine il tempo è stato galantuomo perché adesso è tutto un po’ mescolato. Alla fine questo processo ha fatto sì che se prima l’aggregazione era un po’ forzosa perché magari c’erano pochi posti da frequentare, oggi l’offerta più ampia ha fatto nascere l’esigenza di mescolarsi. Secondo me è positivo.
Andrea: l’idea nostra è che non ci piacciono le etichette. Quando siamo nati la musica italiana alternativa era i Marlene kuntz, gli Afterhours, era tutto legato a un discorso molto poetico e di rottura col cantautorato alla Guccini. Noi siamo cresciuti con i gruppi americani e inglesi anni ‘80 e abbiamo cercato di mescolarli al cantautorato degli anni ’70, visto che negli anni ‘90 ci è mancato. Avevo bisogno di quelle parole lì.
Qqru: applicare il folk alla dialettica dello scontro, del punk. Qualcuno l’ha definito ‘cantautorato punk’ e a me, sinceramente, piace!
Ufo: Noi cercavamo la terza via, se possiamo dire così. Siamo stati forgiati da ascolti d’oltre oceano e quindi avevamo questa connotazione folk-punk-rock.
Come risponde oggi il mercato italiano a questi stimoli? Vendete quanto Arisa ma siete ormai alla soglia dei mille live. Poche band possono vantare questi numeri.
Ufo: gode di pessima salute in tutto il mondo
Andrea: Va male un po’ dappertutto, ovviamente in Italia, come sempre un po’ di più. Noi però siamo strani, negli anni ‘90 non vendevamo oggi vendiamo sempre di più. Arisa, che vince Sanremo, vende quanto gli Zen Circus, è vero ma non è un bel segnale. E sì, suoniamo moltissimo, saremo tra gli 800 e i 1000 live. Ora suoniamo un po’ meno, chiediamo più soldi… Scherzo.
Ci sembra giusto comunque. Anche considerando che dietro ogni concerto non ci siete solo voi che salite sul palco, ma c’è uno staff che lavora dietro le quinte, dietro i mixer, ecc.
Qqru: una cosa molto importante è che la crew che ti segue, lo staff tecnico è quello che ti permette di realizzare qualcosa in più.
Andrea: in questo, devo ammettere, siamo stati sempre avanti. Anche quando prendevamo 100 euro, la prima cosa che ci siamo permessi, visto che io ero l’unico che aveva la patente ma di mestiere guidavo, la è stato un fonico che guidasse.
Ufo: devo dire che queste micro realtà indipendenti di quest’ultimo decennio, e ne posso citare tantissime, sono fra i pochi comparti che hanno creato delle opportunità. È incredibile e paradossale ma ciò crea un indotto che fa lavorare tante persone.
Andrea: il mercato musicale, tornando alla domanda, si è trasferito sul live. Il digitale sta facendo un piccolo passo avanti. Il vinile resta in quella piccola nicchia. Purtroppo anche io faccio parte della categoria di stronzi che usa spotify.
Qqru: io uso i vinili e spotify…
Andrea: è figo, si sente meglio, è tutto organizzato!
Grazie ragazzi, è stato un piacere, alla prossima!
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autore: Luigi Oliviero