Dalla solare Calabria il foggy denso e torbaceo degli Other Voices con A Way Back, secondo disco ed ennesima mutazione degli anni 80, quelli dal versante più fosco, tra wave e zolfo, ossessione e sostrato epico rockeggiante che scorre a massa e si fa incessante con coraggio.
Dieci tracks più un bonus che – con tutta l’onestà di ripetuti ascolti – non scatenano appieno quello che già la cover trasmette e promette, un disco egregiamente concepito, ottimo insieme estetico, ma quello che fa desiderare è il fattore “remake” di un genere del quale non si sa più con che cosa dire e tantomeno fare; con questo non che la formazione calabra si da scartare in primis, rimane comunque un piccolo baluardo di una epoca magistralmente romantico/off, una testimonianza – se si vuole – di un periodo che ha segnato il rock con il suo stupendo nero seppia, ma nulla di più, un registrato che sebbene lo sforzo notevole rimane impigliato e “confuso” tra gli oceani underground di band di settore che imperversano – incallite – in quella decade nostalgica, consunta e depredata a dovere.
Salvando qualcosa lo shift nevrotico di Poor road, Hate me again e il ballatone elettrico e sospirante alla Robert Smith di A way back, il resto è passato remoto riportato nell’odierno, ben fatto, ma in ritardo massimo.
Per estimatori.
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autore: Max Sannella