Gli Explosions in the Sky, il più importante gruppo post-rock strumentale del momento, veri eredi dei Mogwai, sono tornati ad aprile con il loro ultimo album Take Care Take Care Take Care, a quattro anni di distanza dall’ultimo lavoro.
L’esordio mitico nel 2000 con l’album autoprodotto “How Strange, Innocence” stampato in sole 300 copie, poi la firma con la Temporary Residence per il secondo “Those Who Tell The Truth Shall Die / Those Who Tell The Truth Shall Live Forever” (di cui si ricorda anche la coincidenza per cui la copertina rappresentava un aereo e un sottotitolo:”Questo aeroplano si schianterà domani”: era il 2001 e questa scelta mise addirittura in difficoltà il bassista Michael James fermato all’aereoporto per sicurezza), nel 2003 il ritorno con “The Earth is Not a Cold Dead Place” col quale la band raggiunge gli onori della critica e del pubblico, e infine la colonna sonora del film Friday Night Lights e la pubblicazione di “All of a Sudden I Miss Everyone”, che debuttò il 20 febbraio 2007: queste le tappe del bruciante successo, in qualche modo annunciato, di una band dedicatasi a un sottogenere troppo poco praticato per non riuscire a lanciare un gruppo di talentuosi musicisti verso l’exploit.
In tutti questi anni la band texana composta dal batterista Chris Hrasky, dal bassista Michael James, da Munaf Rayani e Mark Smith alle chitarre non ha mai abbandonato di un soffio il suo sound originario, autentico marchio di fabbrica (garantito anche dalla fedeltà all’etichetta originaria, la Temporary Residence), che si contraddistingue per il ripudio della forma canzone, per il rifiuto della vocalizzazione, per la scelta di brani che sono vere e proprie mini-opere complete, non tanto per la loro lunghezza, mai inferiore ai sei-sette minuti, quanto per il fatto che contengono una vasta gamma di variazioni sonore e soprattutto di ritmo, quasi si ascoltassero le Quattro Stagioni di Vivaldi in versione post-moderna e indie.
Allo stato attuale solo i Sigur Ros, seppure provenendo da altra formazione musicale, competono con gli Explosions per questa scelta radicale e così costantemente e tenacemente perseguita, e anche per la caratteristica di eseguire musiche autenticamente celestiali, che trasportano verso un’altra dimensione musicale che ripudia ogni collocazione di genere: ma mentre i Sigur sono noti per la scelta di strumentazioni a volte addirittura impensabili (fanno suonare anche ossa di animali) alla strenua ricerca di suoni nuovi, gli Explosions in the Sky creano sonorità paradisiache e autenticamente “aliene” a partire da una dotazione che è la più classicamente rock: due chitarre, un basso e una batteria. Certo gli effetti sonori, e l’uso del synth e dei computer, non mancano, ma sempre come colorazione e mai come base: perciò la fedeltà all’apparato rock di base si ascolta in ogni minuto, eppure quello che ascolti non è rock, ma un “altrove” a cui raramente si accede nell’ambito della musica di commercio.
Il loro marchio di fabbrica e il loro sound così originale finisce però inevitabilmente per essere anche il loro difetto, nel senso che anche dopo i primi ascolti i loro album sembrano essere tutte variazioni di un’unica e sola melodia fondamentale, dato che contenendo ogni canzone ogni possibile variazione, in qualche modo l’insieme delle canzoni finisce per essere ripetitivo all’ascolto, mentre al primo approccio risulta devastante e esplosivo (di qui il nome della band del resto) per la novità che apporta.
Difficile dunque a prima vista commentare questo nuovo album al confronto con gli altri: eppure, dopo quattro anni di silenzio, qualcosa all’ascolto attento emerge. Si potrebbe dire, usando una metafora tratta dalla letteratura, che mentre i precedenti erano lirica pura, questo album ammicca e talvolta raggiunge l’epica: così certamente nel primo pezzo, Last Known Surroundings, dove l’incedere della batteria si fa strada fra le incursioni della chitarra distorta, mentre l’altra chitarra fraseggia poche ma piazzate note, e diventa quasi cavalcata verso la fine facendo esplodere il pezzo che parte rilassato, mentre la chitarra solista, ormai in pieno furore creativo, disegna un canto che sfiora il sublime nel senso kantiano-romantico del termine.
Soffusa invece è l’atmosfera di Human Qualities, molto più simile ai vecchi pezzi della band, dove sono protagoniste le due chitarre, rese così espressive nel sound Explosions grazie all’uso costante dell’eco e del fraseggio a nota singola a là The Edge nella sua forma migliore. Nel finale anche questo pezzo si lascia travolgere dalla batteria verso una conclusione sontuosa e dirompente. Trembling Hands si fa notare invece non solo per l’anomalia della sua durata, soltanto tre minuti e mezzo, ma anche per la sua dinamica esplicitamente rock, quasi indie, a cui manca davvero solo la voce per eleggerla a primo pezzo-canzone del gruppo (e chissà che non sia un esperimento verso direzioni future). Con Be Comfortable Creature si ritorna alla lirica in formato musicale: non mancano gli attacchi di batteria ma l’impianto, pur se sontuoso e altisonante, è malinconico e evocativo, forse più degli altri pezzi. Anche lirico nell’ispirazione è Postcards form 1952, che già nel titolo invita a lasciarsi andare alle suggestioni della memoria, mentre Let me back in è un ritorno, in chiusura, all’epopea: di nuovo scariche di batteria accompagnate da splendide esecuzioni di fraseggi di chitarra che si fanno quasi drammatici e tremendamente coinvolgenti nel finale.
Alla fine questo nuovo album dice fortemente la sua seppure all’interno di una produzione già ricca e trionfale:quattro anni non sono passati invano, e sebbene gli Explosions restano fedelissimi alla loro creatività e originalità di genere (ed è un bene che sia così), un nuovo sentiero di ricerca comincia a essere esplorato.
Vivamente consigliato agli amanti della “quarta dimensione” in musica leggera.
Questa la tracklist:
1. “Last Known Surroundings” – 8:22
2. “Human Qualities” – 8:10
3. “Trembling Hands” – 3:31
4. “Be Comfortable, Creature” – 8:48
5. “Postcard from 1952” – 7:07
6. “Let Me Back In” – 10:07
Autore: Francesco Postiglione
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