Si racconta che Gioacchino Rossini, a un giovane compositore che aveva sottoposto al giudizio del Maestro una sua composizione, avesse commentato che in quel lavoro “c’era del bello e c’era del nuovo. Peccato, però, che mentre il bello non era nuovo, il nuovo non era bello”. Ed è un po’ questo l’effetto che fa all’orecchio l’ultima fatica discografica dei Motorpsycho (Hans Magnus Ryan – chitarra e voce; Bent Sæther – basso e voce; Tomas Järmyr – batteria).
Il disco, ideale prosecuzione artistica del precedente doppio “The Tower”, si discosta comunque dal precedente, assumendo una forma a sé stante e marcando la propria identità con reminiscenze rock – prog in uso mezzo secolo fa.
“The Crucible”, infatti, si compone (e scompone) di tre brani lunghi; tre mini suite di cui “Psychotzar” (8:42) segna la traccia di apertura, un brano le cui sonorità mediano tra riff alla Black Sabbath e aperture vicine all’universo dei primi Blue Öyster Cult (ma purtroppo lontane da capolavori quali “Tyranny and Mutation” e “Secret Treaties”).
A “Psychotzar” segue “Lux Aeterna” (10:55), e se il titolo rievoca alla memoria i celebri cori per voci György Ligeti e l’odissea nello spazio di Stanley Kubrick, il viaggio musicale dei Motorpsycho rischia di naufragare contro le scogliere per aver, evidentemente, ceduto troppo al canto delle sirene dei King Crimson e del progressive sinfonico tanto in voga negli anni settanta nella terra della “perfida Albione”.
A chiudere il disco, i quasi ventuno minuti del brano “eponimo” (20:50); composizione per minutaggio da esatta seconda facciata di un LP che, sommato ai quasi venti minuti complessivi di “Psychotzar” e “Lux Aeterna”, confeziona, per “tempo”, il “vinile” perfetto.
Se con “Lux Aeterna” i Motorpsycho si erano fermati (nelle citazioni) ai King Crimson del periodo “In the Court of Crimson King” – “Larks’ Tongues in Aspic” (finanche nei suoni da mellotron), in “The Crucible” il gruppo norvegese si spinge sino al periodo “Red”, alternando così le abrasioni ritmiche da Re Cremisi con (ancora una volta) cambi da progressive sinfonico nelle sue parti sommesse, miscellanea dei Genesis con Gabriel ante “The Lamb Lies Down on Broadway”, degli “Yes” e di tutti i loro “derivati”.
“The Crucible” è, dunque un disco per gli amanti del genere e (forse) per i tanti nostalgici desiderosi di crogiolarsi nella familiarità del loro mondo musicale ma al contempo pronti ad aprirsi anche a nuove esperienze con diversi “partners” e che, se da un lato mostra qualche limite compositivo in fatto di idee, sicuramente certifica la notevole crescita tecnica nell’esecuzione che negli anni i Motorpsycho hanno raggiunto.
Come ultima annotazione, la copertina a cura di Håvard Gjelseth.
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autore: Marco Sica