Partiamo dal titolo, Spirit, di questo nuovo album dei Depeche Mode. Per chi conosce un minimo la storia della band inglese, potrebbe trattarsi della solita impostazione tra peccato e redenzione, un vero marchio di fabbrica della penna di Martin Gore, il songwriter principe del trio di Basildon.
A ben vedere, invece, qui si invoca lo spirito dei tempi. Andando a ritroso torna alla mente il 1983, epoca in cui i nostri pubblicarono Construction Time Again, disco dal forte impatto sociale, seppur alquanto naif nel modo di trattare gli argomenti proposti.
Tanti anni dopo al biondo del gruppo è tornata la voglia di dire la propria sui mali dell’era odierna. Tra forti rigurgiti retrogradi (Going Backwards), prese di coscienza mai realizzate (Where’s the Revolution), l’ignavia che sopravanza (The Worst Crime), fecce senza scrupoli (Scum) corporazioni che lasciano sempre più indietro gli ultimi (Poorman), gli errori dell’umanità che si ripetono uguali a sé stessi (No More (This Is The Last Time)) sino alla presa di coscienza che “siamo fottuti” (la conclusiva Fail), il quadro è alquanto desolante ma, ahinoi, molto plausibile.
Forse solo l’amore ci salverà, fintanto che saremo capaci di far ardere questa fiamma dentro di noi (So Much Love). Su tale aspetto si concentrano si concentrano anche le composizioni del vocalist Dave Gahan (Cover Me, Poison Heart e il pezzo, You Move, scritto a quattro mani con Gore), fatta eccezione per la suddetta No More (This Is The Last Time).
Ciò detto, appare evidente quanto nell’occasione i Depeche Mode si siano voluti rimettere in gioco, puntando su di un disco che va apprezzato nel suo insieme con ripetuti ascolti. Un azzardo in tempi di mordi e fuggi all’impazzata. A questo giro, forse, mancano i brani epocali o catchy eppure si avverte una positiva ricerca nel battere strade diverse dal facile consenso.
La nuova partnership col produttore James Ford (Arctic Monkeys, Klaxons, Florence and the Machine) perfeziona la virata sintetico modulare già emersa negli ultimi lavori in studio per quanto, a volte, si avverta una freddezza di fondo che in passato era stata evitata grazie ad un sound meno minimale e più attento a sfumature e dettagli elettronici.
Volendo non è tutto oro quello che luccica. Spirit, però, ribadisce che il trio di Basildon non dorme solo sugli allori. Che poi i risultati siano al pari delle buone intenzioni, questo è un altro discorso…
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Autore: LucaMauro Assante