La giovanissima band di Glasgow Tuff Love (Julie Eisenstein alla chitarra, voce e Suse Bear al basso e voce più il turnista Iain Stewart alla batteria) ha lanciato il suo primo album, Resort, su Lost Map Records/Caroline, che è in pratica una compilation che raccoglie i primi tre EP della band, Junk, Dross e il recente Dregs. I pezzi raccolgono molto di quanto scritto dal 2012 al 2015, con poche canzoni lasciate fuori. Il duo parla così del disco: “Sappiamo che non è un album, nel senso che non è stato scritto per essere un album, ma volevamo mettere un punto fermo dopo i tre EP, e pubblicarli insieme come Resort sembra un modo intelligente per farlo! “
In realtà il disco appare più omogeneo di quanto non possa sembrare da queste parole: in tre anni lo stile compositivo delle ragazze di Glasgow non sembra cambiato più di tanto, se è vero che tutto il disco scorre piuttosto omogeneamente senza grossi sbalzi tra un pezzo e l’altro.
Il che è anche il suo difetto principale: non troverete un singolo pezzo che vi faccia storcere la bocca, ma nemmeno saltare dalla sedia. E alla fine dell’ascolto nessuna in particolare vi rimarrà in mente perché si discosta dalla media.
Le canzoni hanno uno stile che si colloca tra indie e punk: di punk in realtà hanno soprattutto la durata brevissima, tre minuti in media, e alcuni accenni di doppia chitarra ruggente e grintosa come in Sweet Discontent, Flamingo, Poncho, Threads.
Il ritmo e la struttura melodica sono valide, ma non c’è una sola variazione ai quattro quarti che colpisca l’ascoltatore, l’esecuzione è dignitosa ma non ci sono virtuosismi che catturano l’attenzione, e la voce che accompagna gli strumenti non sbava, ma nemmeno si tratta di quella voce femminile che ti incanta o sciocca al primo ascolto (come in Skin, o Dolores o’Riordan). La tonalità è sempre la stessa, per capirci, e non si eleva mai al di sopra di ottave non rischiose.
Le Tuff Love sembrano qualcosa a metà fra gli Strokes (soprattutto per il sound delle chitarre) e le Hole, ma delle Hole manca del tutto la grinta o il carisma anche solo cantato di Courtney Love.
Un simbolo del disco e del loro modo di suonare è Penguin: una sola chitarra, una voce, tre accordi, nessun assolo, nessun acuto, nessuna variazione della linea di canto, nessuna variazione della linea melodica.
Qualcosa di interessante lo trovi in Slammer, dove si inizia almeno con un arpeggio, o in Doberman, dove si inizia con gli armonici, e con un ritmo in levare. Ma è decisamente troppo poco, eppure il disco dà l’impressione che le Tuff Love possano fare di più, solo che non vogliono: questo il loro genere, questa la musica che vogliono suonare. Tanto di cappello, ma difficile resistere dopo i primi due ascolti.
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autore: Francesco Postiglione