Un vero peccato: a volte non basta una buona idea ed una buona capacità tecnica e compositiva per riuscire appieno a partorire un buon album. Ma non si tratta di scienza perfetta, infatti questo dei Pipers nonostante risulti gradevole e “di compagnia”, in molte occasioni sembra proprio mancare di quell’incognita, ingrediente alchemico nascosto, che lo faccia attaccare alla pelle-al cuore di chi lo ascolta. La copertina cartonata dell’album, la foto a colori più saturi di una panchina vuota con l’ombra di un passante è, ironia della sorte, una delle immagini mentali che emergono dall’ascolto delle undici tracce che compongono No One But Us. Ed è, appunto, un vero peccato in quanto sulla carta il disco c’è ed in alcune occasioni, come nella title track e nella quinta (validissima) Chance, si raggiungono di certo buoni livelli, sicuramente superiori alla media.
Ad un primo ascolto, quello preparatorio per un’analisi più approfondita, il disco non si presenta affatto male ma basta aumentare leggermente il volume, ed il grado di attenzione, che subito ci si accorge di cosa non va: una mancanza quasi totale di mordente, come se gli strumenti suonassero da soli, senza direzione e senza un obiettivo da raggiungere. Di sicuro la mentalità della band a monte non rispecchia questo effetto, ed è prova di questo i numerosi risultati che ha conquistato in soli tre anni. D’altronde il vagabondare senza meta negli spazi musicali non sempre porta al risultato sperato. Ma comunque, nel bene o nel male, porta a prendere coscienza di ciò che si è o si sa. “Mediocre la prima”, dunque, ma intendendo No One But Us come un “semplice”, e le virgolette sono un obbligo in questo caso, esperimento iniziale (d’altronde la band suona davvero da poco tempo).
Autore: A. Alfredo Capuano