Sarà mica l’anno del Galles questo? Insomma, i “rossi” rischiano seriamente di portarsi a casa il Sei Nazioni di rugby dopo gli incredibili successi sui francesi e sugli odiati cugini inglesi (che li hanno sempre bollati come minatori, o sfottuti con cartelli del tipo “i cani e i gallesi non possono entrare”), oltre ad averci stracciati in casa nostra. Dispiace invece che il leone della loro bandiera venga sfruttato per addobbare abbigliamento di bassa lega senza che i relativi indossatori sappiano della provenienza.
Ciò che invece sale alla ribalta in questo “off-shoot” del mainman dei Super Furry Animals (gallesi, e se no perché tutto ‘sto casino?) e che, nel titolo, lascia di stucco i lettori, è l’idioma di questa terra, il cymraeg (in lingua madre), che oltre a monopolizzare i testi di questo album piccino (poco meno di mezz’ora), inizia ad essere utilizzato per emittenti radio-tv e lezioni scolastiche. Benvero gli animali “super-pellicciosi” avevano già realizzato una cosa del genere nel 2000 con l’album “Mwng” (ma dico, riusciranno a fare il karaoke con questi fonemi?!).
Difficile immaginare come chi mastica un idioma illeggibile per chiunque altro e apparentemente fatto di sputi e starnuti possa poi parlare/cantare in inglese come fosse un madrelingua, e viceversa. Sta di fatto che quelle che non sembrano altro che canzoncine banali – che in gallese, credetemi, ricordano certe sigle di cartoni, giapponesi negli autori e nella lingua – sono tra le poche credibili possibilità che la pop music ha di lanciarsi nel futuro con dignità, senza cedere né al ruolo esclusivo di musica per radio-classifiche-spot tv, né a un ineluttabile riciclaggio di clichè passati.
E difatti le 10 canzoni di Rhys – che escono per l’etichetta di proprietà della sua band – portano inequivocabilmente questo appeal “futuristico”, che non vuol dire necessariamente effetti speciali o tecnologia – anche se qualcosina per produzione e mixaggio deve averla spesa –, ma senso dello slancio verso quella che può definirsi come “sofisticazione” semplice: canzoni orecchiabili, quasi cantilenanti, quasi folk per essenzialità, eppure perfettamente in sintonia con certa futilità/superfluità odierna. Come degli Stereolab meno ambiziosi nell’approccio. Per molti, ma, ancora una volta, non per tutti…
Autore: Bob Villani