di Xavier Beauvois con Jean-Marie Frin, Jacques Herlin, Philippe Laudenbach, Michael Lonsdale
C’era gente che si asciugava le lacrime sui titoli di coda. Ci sta. Va considerato però che un fatto è la commovente storia dei frati trappisti trucidati sull’altare del fanatismo, un altro, ben altro, l’arte che può sprigionare un film e che qui resta in mente dei. E pertanto stringiamo la mano al francese Xavier Beauvois per aver riportato alla nostra attenzione un eccidio dimenticato ma facciamo partire anche qualche fischio dal loggione per il modo flaccido in cui ha onorato l’impegno.
La vicenda – ambientata nel Maghreb anni ’90 – serba tutti i totem della Passione (il sacrificio, la missione, un popolo da accudire, un Male inspiegato e proto-talebano, l’ottusità di mujaheddin ed esercito regolare) ma la composizione degli stessi è un po’ gelida, stratificata, i pezzi sono incollati dal regista con appena sufficiente maestria, senza pathos. Un climax nebulizzato e mai esaltante (il prolungato e assordante incalzare dei carmina burana nella scena dei monaci che decidono di restare in trincea sembra un filmato amatoriale passato su You Tube).
La salmodia in lingua francese scandisce le ore dei fraticelli e degli spettatori commossi dal loro coraggio. Ma la potenza dell’immagine non irrompe mai realmente per l’assenza di qualunque moto stilistico. La fatica dell’artista (del regista), sbaglieremo, manovra su binari troppo schematici e convenzionali. Il film ha ottenuto il Gran premio della giuria a Cannes, che contrariamente ad altri festival sa come spingere il cinema nazionale.
Autore: Alessandro Chetta