Al filosofo Eràclito è attribuito il celebre aforisma “πάντα ῥεῖ”/”tutto scorre” (anche se in realtà mai pronunciato da lui direttamente), la cui fonte principale è il “Cratilo” di Platone laddove scrive: “Dice Eraclito “che tutto si muove e nulla sta fermo” e confrontando gli esseri alla corrente di un fiume, dice che “non potresti entrare due volte nello stesso fiume””.
Ebbene, la parte ultima di questa affermazione si sposa perfettamente con la nostra trattazione.
Se è vero che nessun essere (umano) può bagnarsi due volte nello stesso fiume poiché, nel tempo, né il fiume, né l’essere (umano) sono più gli stessi, ciò avviene anche in musica, e non solo quanto un artista, con il passar degli anni “cambia”, ma soprattutto quando a cambiare radicalmente sono i musicisti (tutti o in gran parte) che compongono un gruppo; circostanza questa che cattura l’attenzione con particolare forza quando si tratta di nomi che hanno fatto la storia della musica (l’elenco sarebbe lungo e interminabile: si pensi ai King Crimson, ai Pink Floyd, ai Tangerine Dream, ai Gong, ai Deep Purple… o, come nel caso di specie, ai Faust).
Con formazione “base” composta da Werner “Zappi” Diermaier, Hans Joachim Irmler, Arnulf Meifert, Jean-Hervé Péron, Rudolf Sosna e Gunther Wüsthoff, nel 1971 i Faust consegnarono alla storia un capolavoro di mirabile fattura quale è “Faust” (un unicum e tra i più bei dischi di tutti i tempi per innovazione, sperimentazione, contenuto e… copertina).
A “Faust” fecero seguito i non meno importanti “Faust So Far” del 1972, “The Faust Tapes” del 1973, “Faust IV” del 1973, con i quali i Faust scolpirono nei suoni e con i suoni un capitolo della loro storia, contribuendo a marchiare indelebilmente quella speciale, irripetibile, unica e inarrivabile corrente musicale tedesca dei primi anni settanta che più di ogni altra si è imposta per qualità/sperimentazione (la Germania dei primi anni settanta ha prodotto il meglio della musica che oggi conosciamo; oltre al citato “Faust”, di pregio assoluto: “Tago Mago” del 1971 dei Can, “Irrlicht” del 1972 di Klaus Schulze, “Zeit” del 1972 dei Tangerine Dream, Neu! del 1972 dei Neu!, “Hosianna Mantra” del 1972 dei Popol Vuh, “Kraftwerk 2” del 1972 dei Kraftwerk…).
Nel 1975 iniziarono decenni di silenzio e di assenza dalle (grandi) scene, fino agli anni novanta che videro anche la pubblicazione di un nuovo disco “Rien” del 1994 (prodotto da Jim O’Rourke) che, oltre agli storici Werner “Zappi” Diermaier, Jean-Hervé Péron e Hans-Joachim Irmler, vantava la partecipazione di Keiji Haino (celebre per il suo progetto Fushitsusha); da segnalare a nome faUSt, con Haino, “l’estemporaneo” “This Is the Right Path” del 2022.
Tra dischi a nome ora Faust, ora faUSt, collaborazioni e materiale d’archivio, è del 2022 anche la pubblicazione di “Punkt.”, il celebre album “perduto” contenente le registrazioni effettuate a Monaco nel maggio del 1974 con la formazione originaria, lavoro contraddistinto da un flusso di coscienza (soprattutto in brani quali le belle “Morning Land”, “Knochentanz” e che, con la pianistica “Schön Rund”, lambisce territori ai confini con il progressive ed il jazz), simile alle esibizioni live dei Can (che oggi stanno tornando su disco grazie al recupero di vecchi nastri e di cui si è parlato su queste pagine – per tutte vedere qui),
Rimessa in moto la “macchina” e tornati sulle scene e sul mercato con nuove pubblicazioni, a distanza di trent’anni da quel 1994 e a più di mezzo secolo da “Faust IV”, è stato dato alle stampe per la Bureau B, il bel “Blickwinkel (curated by Zappi Diermaier)”.
“πάντα ῥεῖ”, e come il fiume non è più lo stesso, anche i Faust non sono più gli stessi; con i soli Diermaier e Gunther Wüsthoff (del nucleo originario), in “Blickwinkel” compaiono Uwe Bastiansen (dei Stadtfischflex), Elke Drapatz, Dirk Dresselhaus (Schneider TM), Jochen Arbeit (degli Einstürzende Neubauten), Sonja Kosche, Andrew Unruh (degli Einstürzende Neubauten), per un disco (va detto subito) che è distante nel tempo dall’omonimo esordio ma che “scorre” splendidamente con energia e impeto, trascinando nella sua corrente il passato, il presente e il futuro, come un’attualizzazione di “Miss Fortune”… ma soprattutto di “Krautrock”.
Dalle note di copertina poi si apprende che “The basic tracks” di “Blickwinkel” sono state suonate dal vivo “at Zone studio in Berlin” da Diermaier, Drapatz e Dresselhaus, registrazioni a cui sono state successivamente aggiunte (indipendentemente) le parti degli altri musicisti: “who recorded their overdubs independently, not knowing what the others ones would do” (sempre dalle note di copertina).
Va detto che tale modus operandi di utilizzo delle overdubs non è una novità poiché già utilizzato in passato, e con formazione analoga a quella di “Blickwinkel”, come testimonia il bello e monumentale “Daumenbruch” del 2022, composto da sole tre lunghe esecuzioni, visionarie e pure.
Ed a ben sentire ciò che contraddistingue “Blickwinkel” (in parte, in linea con “Daumenbruch” che appare però più istintivo e meno industrial) è un granitico e solido approccio, più istintivo, con brani tutti lunghi ad eccezione di “Kriminelle Kur”; ciò a dispetto di lavori “intermedi” quali (ad esempio) i più recenti “Something Dirty” (del 2011), in cui la “forma canzone”, sebbene onirica, si impadroniva anche di più estese elaborazioni come in “Lost the Signal”, il frammentato “Faust Is Last” (del 2010), in cui se brani quali “Feed the Greed” mostravano una certa “durezza”, altri come “I Don’t Buy Your Shit No More” vestivano i panni da rock/punk/psichedelico o i pochi riusciti “Just Us” del 2014 e “Fresh Air” del 2017 (per restare temporalmente ancorati agli ultimi tre lustri circa).
Apre il vinile la splendida “For Schlaghammer”, sapiente e perfetta fusione di industriale, psichedelia e astrazioni d’avanguardia: di pregio l’intarsio tra la robotica ritmica e l’esatta “melodia”.
“Künstliche Intelligenz”, su un’apparente rumorismo free, mostra progressioni da musica classica d’avanguardia del novecento, prima che la batteria serri i ranghi e parta come un treno in corsa lanciato verso un futuro da militarizzata “opera buffa” (ritornano i Faust più classici con i loro inserti da cabaret circense).
“Sunny Night” porta l’orecchio indietro nel tempo … e al tempo dei lisergici e orientaleggianti viaggi, chiudendo un primo lato di altissimo livello.
Girato il vinile, è il breve momento dell’abrasiva e perfetta “Kriminelle Kur” in cui i ricami “percussivi”, di organo e di chitarra disegnano un epico e post-apocalittico trompe l’oeil da giungla urbana.
“Die 5. Revolution” è cupo, profondo, claustrofobico rito pagano… teso e infestato da creature elementali prima della deflagrazione orgiastica e del requiem finale…
“Kratie” è altro “mostro” al contempo industriale e psichedelico, tanto solido quanto liquido e gassoso … tempestato da strali, vorticose ascese e infinite discese … è come emergere per poi sprofondare in un’eterna caduta, all’interno di un pianeta gioviano…
È confortante appurare che ci siano ancora gruppi e musicisti capaci di restare fedeli a se stessi nell’operare un rinnovamento proficuo, con il dono di parlare con un linguaggio musicale allo stesso tempo contemporaneo e prezioso per l’antico valore.
I faust saranno in tour in Italia, questi gli appuntamenti:
12.12.2014 – Locomotiv Club, Bologna
13.12.2024 – Teatro Studio 89, Milano
14.12.2024 – Argo 16, Venezia / Mestre