Quarta label per la carriera discografica del gruppo indie folk di Seattle. I Fleet Foxes pubblicano, improvvisamente, il quarto studio album e lo fanno per la prestigiosa indie label Anti- records. Con ben 15 tracce Robin Pecknold e soci raggiungono un nuovo traguardo in una carriera partita col botto nel lontano 2008, grazie all’album omonimo, sbalordendo tutti per le grandissime capacità compositive.
Il pathos-folk è la matrice di un gruppo oramai maturo e capace di maneggiare le coordinate della forma canzone che ha nel song writing tradizionale il suo punto di forza. Se con il penultimo album, Crack-Up (2017), si erano appannate le loro visioni musicali oggi il profumo rurale che emerge da queste tracce sa di terreno bagnato da una pioggia delicata che inebriando l’ascoltatore lo fa avvicinare a madre terra.
La produzione è praticamente perfetta ed aleggiano brividi autunnali capaci di avvolgere l’ascoltatore, meglio se in un pomeriggio invernale e tazza di caffè bollente al calduccio di un camino. Le melodie si aprono al mondo grazie alle orchestrazioni che danno respiro ai brani come la title track, “Quiet Air/Gioia”, “Young Man’s Game” e “Jara”. Mentre con “Maestranza” raggiungono il picco compositivo tratteggiando la perfetta popfolk song con riff di chitarra sbilenchi che rendono il tutto più enigmatico. Il phatos è garantito dai brani “Thymia” e “For A Week Or Two” crepuscolari al punto giusto perché inseriti in tracklist tra canzoni che esaltano la forza di brani così profonde.
La musica dei Fleet Foxes si conferma di livello superiore rispetto a produzioni simili ed hanno il pregio di essere riconoscibili, per timbro vocale e corale, e per sound. Una band oramai entrata di diritto nell’olimpo dei gruppi che fanno storia a sé.
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autore: Giulio Di Donna