Estremamente prolifico, Daniele Sepe pubblica, a pochi mesi di distanza da ‘Kronomakia’, questo nuovo progetto musicale in cui deve credere molto, autoproducendolo, e del resto si tratta di un’opera ambiziosa, che coinvolge 23 musicisti – la metà italiani, il resto di tanti Paesi del Mondo – soprattutto con una rappresentanza brasiliana che dà un carattere sanguigno e scatenato alla maggior parte dei 9 pezzi, la metà dei quali in realtà sono medley etnici che accostano e fondono, con risultati talvolta sorprendenti, standard folklorici di vari Paesi del Mondo, come nel caso di ‘Sanie cu Zurgalai/Olodum’, miscuglio di una musica rumena ed una brasiliana.
Samba (‘Saoco’ di R. Ruiz) e bossanova (‘Procissao’ di Gilberto Gil), funk (‘Barbary Coast’ di Jaco Pastorius), canzone di protesta campesina (‘Un’Altra via d’Uscita’ di Daniele Sepe, già su ‘Jurnateri’ del 2001), jazz (‘Black Market’ di Joe Zawinul), in un vortice che rispecchia l’idea di musica totale alla base di tutta l’opera del sassofonista napoletano, ma, stavolta, con risultati molto più interessanti del solito, più a fuoco, insomma. Se infatti, in passato, almeno su disco, la fusione totale di musiche di tutto il Mondo e di tutte le epoche – sintetizziamo così: dal Medioevo alle posse – operata dal bravo sassofonista, può aver lasciato perplessi, qui con la Brigada Internazionale tutto sembra funzionare alla perfezione, con spontaneità e con un deciso carattere orchestrale che lega tutti i pezzi, senza strappi, ed azzardi, finalmente.
Daniele Sepe, che organizza, dirige, suona sax flauto e clarinetto, e compone 4 pezzi, tuttavia non s’impone troppo, rimanendo spesso tra le fila dei fiatisti, probabilmente divertendosi come un matto in questa veste, a dispetto della sua reputazione di artista un po’ scontroso.
In 55 minuti di durata, ‘Nostra Patria è il Mondo Intero’ – con questo titolo esplicitamente anarchico – è dunque tra i migliori dischi incisi da Daniele Sepe nella sua ormai coraggiosa e lunga carriera – 17 dischi più vari live – al di fuori di ogni schema e confessione musicale; un jazzista fuoriuscito dal conservatorio, all’occorrenza ortodosso, ma che non se la fa coi jazzisti e non frequenta gli ambienti “giusti”, gli ammuffiti circoletti giacca e cravatta.
Infine un aspetto importante di questo lavoro: il suo carattere “terzomondista”, antirazzista ed operaio, che emerge dalla copertina, quadro di Jean Mirò, nonché dai testi di molte canzoni, e dal bellissimo racconto ‘L’Avventuriero’, di Igiaba Scego, contenuto nel booklet.
Autore: Fausto Turi