Sembrava, a giudicare dai “sottovoce” che gironzolavano in zona spalti del Maschio Angioino, che la serata dedicata al reading musicato degli Yo Yo Mundi dovesse relegarsi a fanalino di coda della manifestazione “Lo Sguardo di Ulisse”, creatura stagionale dell’associazione Signor Bloom.
“Ma come – mi si dice – sei venuto proprio stasera…con tutto quello che c’è e c’è stato in cartellone gli altri giorni?”.Uhm, effettivamente: Liars, State of Bengal, Dave Thomas&Two Pale Boys e persino l’OAV Interstella 5555 sonorizzato dai Daft Punk, hanno già tenuto banco sotto il castello riportando con serate confezione deluxe un accenno di sorriso alla Napoli sconsolata perchè l’estate sta finendo. Ma credimi, caro lettore telematico, il concept presentato dagli psyco-folk piemontesi non è stato da meno. I gufacci si sono ricreduti fin dai primi momenti della performance, laddove l’attore Fabrizio Pagella, in scivolante solennità e cristallina dizione, ha cominciato a leggere passi scelti da “54”, il libro eletto a sceneggiatura dello show.
Trattasi di un romanzo avant pop di storia e spionaggio come l’hanno definito, firmato Wu Ming (Einaudi Stile ed.), un pool di scrittori – Federico Guglielmi, Luca Di Meo, Giovanni Cattabriga e Fabrizio P. Belletti – che componeva (compone?) il misterico “Luther Blisset project”, storia di hacker e di anarchia.
Il riferire delle atmosfere reattive bolognesi da dopoguerra nostalgico e “politico” si anima progressivamente, declinato com’è dalla provetta efficacia dalle liriche ispirate e mai ingombranti del navigato quintetto artefice qualche anno fa di una suggestiva personal soundtrack di “Sciopero” di Eijzenstein.
Crocchi infiniti da bar, discussioni urlate intorno al partito, la noncuranza d’opposizione dei giovani acchittati all’americana. Libro alla mano, attori e musici c’infilano anche la strana genesi di Cary Grant.
Si concretizza sul palco un godibile sodalizio di enfasi e flirt musicali: complice fusione di linguaggi amici. Teatro, lettura, musica. Le immagini, ci sono anche quelle: materiale d’annata, icone, stelle rosse, repertorio di Dario Berveglieri, trasformato per lo scorrimento live da Ivano Antonazzo.
Il registro è mutevole, e i cambi di direzione, pur netti, lavorano bene nelle interlacciature da un tema all’altro (dai soldati al fronte, alla favola del paperotto, passando per le lotte partigiane), tanto che quasi mai la discretamente numerosa platea viene lasciata in silenzio.
Che bravo Pagella, soprattutto nella prestazione in garbato napoletano che offre in un frangente. Prima dello spettacolo aveva “messo le mani avanti” confessando il suo rossore ad esibirsi nella “Tarantella della deposizione spontanea” davanti ai napoletani. Ma il monologo del “guaglione” non ha fatto acqua (nel disco la “deposizione spontanea” è affidata a Francesco Di Bella dei 24Grana).
Un’ora e mezza tutta d’un fiato, elegante teoria di suoni a volte concitati e più spesso intimi. L’andamento è quasi educato, a tratti, e poi di nuovo orgoglioso di meraviglia folk rock concentrata più spesso nella fisarmonica di Fabio Martino.
Una piéce di documenti storici e comparti emozionali, riascoltabile nel cd (Il Manifesto Dischi ed.) che gli Yo Yo Mundi hanno inteso generare da quest’intrigante esperienza.
Alla fine un lungo applauso saluterà gli interpreti, supportati nella loro fatica anche dal…fattore-colombo. Anche i pennuti infatti, svolazzanti tra le torri del maniero duecentesco che sovrasta l’area concerti, hanno partecipato al raccordo musica+lettura scenica. Non me lo sto inventando, è inutile che alzate gli occhi al cielo: chiedete a chi c’era. I volativi garrivano pazzarielli durante le brevi pause e smettevano, a tempo, quando si ricominciava! Prodigi orchestrati dal Signor Bloom?
Autore: Sandro Chetta