Prima data del Firenze Rocks quella del 13 Giugno, Badflower, Skindread e Dream Theater sono i primi ad esibirsi.
Il sole non è ancora tramontato quando gli Smashing Pumpkins salgono sul palco. Billy Corgan avvolto in una lunga tunica nera come il trucco, a simulare lacrime sul volto. Solenne quasi fosse un sacerdote pronto per iniziare un rituale o un’anima risalita dall’Ade con le sembianze di demone sul palco, una presenza singolare.
Tre grosse bambole-burattini dominano inquietanti il palco, sono di colori sgargianti e durante il concerto inizieranno poi a ruotare su loro stesse e a rivelare la loro vera natura in scala di grigi. C’è un riepilogo dei grandi successi accolti con entusiasmo Siva, Zero, una semplice quanto incantevole Disarm dove Billy rapisce per intensità. Prende spazio Superchrist con i suoi virtuosismi, The Everlasting Gaze, Ava Adore, 1979 cantata all’unisono e lo stesso avviene al tributo ai Pink Floyd in pieno trasporto: Wish You Were Here.
Una bellissima parentesi quella degli Smashing che meritavano il palco per più tempo, alla luce notturna, tra ballate e virtuosismi riconoscibili quanto il timbro del loro leader.
Tutto funziona alla perfezione, musica e scenografia, un rituale perfetto di suono e movenze giuste, quasi come fosse un saluto alla luna, ma a quella nera alla Lilith pronta per sorgere, che avrebbe vegliato di lì a poco sui Tool oscuri e carismatici come pochi.
Un cuore pulsante è lì sul palco con un enorme stella a sette punte a sovrastarlo, entra in scena il simbolismo caratteristico del gruppo statunitense. La stella probabilmente sta a simboleggiare la natura umana nelle sue peculiarità terrene e spirituali, in alto a monito delinea il significato del concerto, concettuale e sensoriale. Le sensazioni diventano tangibili e poliformi, si rimescolano in sequenza assecondando i ritmi ipnotici tipici dei Tool.
Maynard si presenta vestito in pelle, felino e con la cresta alta sul palco, resta sempre in disparte come è solito fare, in penombra fuso agli effetti visivi e ai giochi di luce.
Ænima, dall’album omonimo, fa da avvincente apertura, siamo travolti da un’onda di luci blu, le stesse del noto video, le cui immagini scorrono a raffica scroscianti. Sulla medesima scia prosegue The Pot da 10,000 Days. Trame ossessive dilagano e si diffondono come una nube tossica e densa, poi Parabola, surreale e dissacrante.
Passano circa 20 anni e arriviamo all’ultimo singolo Descending. Una piramide si staglia verso l’alto, contrasta con questa discesa agli inferi. Il palco si incendia di luci infuocate, è l’atrio degli inferi.
Un crescendo di suoni e si avanza a piccoli passi nel brano, ardente come l’inferno che culmina in rombi e laser si aprono a ventaglio sul pubblico investendolo. Tra la meraviglia generare, si susseguono suoni, immagini, colori, stralci dei video che ben conosciamo. Il tutto è un flusso continuo di stimoli che si susseguono rapsodici a formare un quadro indefinibile, è isterismo puro su tela, come fosse un’opera di Francis Bacon.
Continua l’alternarsi di brani un ripasso dell’intera discografia l’immancabile Schism e sulla scia di Descending altra novità dell’anno è Invincible, colori si scindono come frattali alle spalle di Maynard.
Si precipita sempre più giù, nell’inconscio.
Sweat, Jambi Forty Six & 2 e visual oscuro e penetrante. Inconfondibile intro di Vicarious attesissima, siamo quasi al culmine del percorso che in crescendo arriva a Stinkfist, a cui spetta la chiusura.
L’album Ænima prelude e termina il concerto circolare che scava con le unghie nel subconscio, è impossibile non lasciarsi sopraffare dai Tool che ammalianti e seducenti, ci conducono in un vortice di sensazioni ossessive, viscerali e tormentate. Ci fanno perdere il contatto con la terra sotto i piedi.
Breve ma intenso più che mai, ondate di luci e suoni perfettamente livellati, la stessa voce di Maynard non sovrasta chitarra o batteria. Il visual distoglie lo sguardo dal palco ma è forse questo l’intento principale, l’ipnosi innanzi alla fusione totale di visual e suono, che fluiscono come cosa unica.
Tutto è surreale e travolgente, sconvolgente, l’effetto Tool nel live si amplifica. L’esperienza è sensoriale quanto basta a disorientare, ci proietta in una dimensione dinamica e volubile, surreale e istrionica, isterica.
Concerto unico nel suo genere, da vedere almeno una volta nella vita, da assimilare e metabolizzare nel tempo.
https://toolband.com/
https://www.smashingpumpkins.com/
autrice: Noemi Fico