Con il terzo disco il quintetto di South London da una svolta parziale al suo sound, emancipandosi dalle strutture del revival post-punk. La produzione di Mark Ellis aka Flood ( già a lavoro con Nine Inch Nails, Depeche Mode, PJ Harvey, Smashing Pumpkins) ha sicuramene influito su questa scelta stilistica, che riguarda tanto i testi, quanto il sound. L’elemento innovativo per gli Shame in “Food for Worms” è l’indie pop, declinato in vari modi, che si miscela ma non sempre con il post-punk di matrice The Fall; grande fonte d’ispirazione per i nostri. A parte il funky-metal vicino ai primi Red Hot Chili Peppers di “Six-Pack” e le evoluzioni e i cambi di registro stilistico con chitarre taglienti di “The Fall Of Paul”, gli altri otto brani hanno più l’aria di essere degli abbozzi sperimentali, con qualcosa da aggiungere e soprattutto da definire. I cambi di registro stilistico sono una caratteristica presenti in più brani, per questo non è ben chiaro la direzione che gli Shame abbiano voluto dare al loro suono. Sia ben chiaro in questo caso, a parere di chi si scrive, non si tratta di un difetto, ma di un dato di fatto con cui fare i conti. Prendete un brano come “Yankees” con chitarre ipnotiche che si avvicinano ai Fugazi di “The Argument”, ma che poi scemano, per giungere sui lidi di un post-punk con tanto di basso pulsante, o ancora “Fingers Of Steel”, brano sospeso tra un aperto e variegato post-punk, anche se poco angolare, e l’indie-pop, quasi dreamy. In “Different Person”, invece, la lentezza iniziale, quasi mantrica, anticipa momenti eccessivamente dilatati, che comprendono stop’n’go, rallentamenti e riprese in progress. Nel complesso si tratta di un lavoro intrigante e interessante, più che piacevole.
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autore: Vittorio Lannutti