Generalmente inquadrati come gruppo rock sperimentale – definizione che, attenzione, rischia purtroppo di relegarti in un ghetto musicale, rispettato si, ma scansato come la peste dai più… – i Deadburger producono in questo ambito musica invece piuttosto fruibile, che trova la giusta sintesi tra slancio free e canoni jazz rock.
Nel nuovo disco c’è tanto ritmo, fisicità, rimandi al rock italiano e al post grunge anni 90 (nel brano omonimo) da cui il gruppo in parte proviene, un tenace gusto per il riff hard rock zeppeliniano e l’arpeggio riverberato che non ricordavamo nel precedente La Fisica delle Nuvole, una snella, irridente satira sociale nei testi in italiano, melodie gloriose, un generale approccio free memore di Frank Zappa, della psichedelia di marca europea, della no wave come del primo ambient di Eno, Sylvian e Fripp (ad esempio nella suggestiva ‘Tryptich‘, che nella seconda parte piega decisa verso atmosfere Area).
‘Onoda Hiroo‘ è un ode ad un personaggio storico patetico ed eroico al contempo: un soldato fantasma giapponese che nella fede in qualcosa – che non esiste più… – trova una dignità che nell’epoca moderna, qualunquista, è andata smarrita, mentre la misteriosa ‘Un Incendio Visto da Lontano‘, tra jazz rock e Zamboni/Ferretti, probabilmente cita il film di Iosseliani sul capitalismo come devastazione e perdita dell’innocenza dell’uomo.
Complessità, ambizione e spessore dunque nei Deadburger, ma generalmente, nella prima parte, brani non prolissi – brevi, per quanto densi di suoni… – e ritornelli, e un battaglione di percussioni, oggetto queste ultime tra l’altro di un trattato – intitolato Drum Art Gallery – nel ricco booklet di 64 pagine a colori associato al disco, pieno di curiosità, dall’approccio enciclopedico e caotico al contempo; la sublimazione delle percussioni però la troviamo in ‘Tamburo sei Pazzo‘, brano che ospite Alfio Antico, che dello strumento mette in evidenza la funzione rituale e sciamanica.
Il meglio del disco, tuttavia, giunge alla fine.
‘Manifesto Cannibale‘, 9 minuti, è il nostro brano preferito del disco, summa di quanto detto finora. Brano continuamente cangiante che cuce insieme tanti frammenti con un effetto complessivo straniante ma che invita a lasciarsi andare, per divenire poi tanto coinvolgente. Probabilmente tra le vette dell’intero repertorio dei Deadburger, tra l’altro impossibile da rifare dal vivo con uguale effetto.
E poi c’è ‘Blu quasi Trasparente‘, anch’esso oltre i 9 minuti, capace di mostrare un lato invece declamatorio e poetico del gruppo, un caleidoscopio di C.s.i., Beatles, Zappa e Soft Machine.
Oltre ad Alessandro Casini (chitarra), Vittorio Nistri (elettronica, tastiere) Simone Tilli (voce, tromba) e Carlo Sciannameo (basso), lunga è la lista degli ospiti, tra i quali citiamo solo Enrico Gabrielli, Lalli, Zeno De Rossi, Silva Bolognesi e Bruno Dorella.
Il disco può essere acquistato dalla pagina Bandcamp dell’etichetta Snowdonia.
https://www.deadburger.it/
https://www.facebook.com/deadburger/
autore: Fausto Turi