E’ difficile stabilire se mi abbiano lasciato più interdetto i miei primi ascolti di provenienza Snowdonia (se chi scrive è già degno di un seguito, saprete che si è trattato di cose davvero impossibili) oppure quelli più recenti, che sul citato registro “non-musicale” hanno sovrapposto la una certa “normalità”, cambiando in maniera apprezzabile i “connotati” stilistici dell’etichetta messinese. Se mai li aveva. Ragion per cui, mancando una precisa “linea artistica” da parte di madame La Fauci, chiudiamo qui (una buona volta per tutte?) con quest’enfasi sull’etichetta.
Concentriamoci sul disco che è meglio. A differenza del precedente “Gli anni di Globiana” a firma Le Masque, ben adagiato su un pezzo di italianissima tradizione cantautorale, stavolta l’insolito (ma è qualcosa a cui credo ci si debba abituare nell’immediato futuro) episodio pop attinge, quanto a ispirazione, oltreconfine. Italianissimo invece l’autore, che risponde al nome di Franco Di Terlizi. “Il Dito”. Emblematico, detto così. Come lo è l’intento, in un certo senso: l’ambita – e antica – idea di sintetizzare le due direttrici geografiche dominanti dela musica popolare contemporanea. Sentire anglosassone e sogno americano. Grossolanamente: la razionalità del vecchio continente, il libero estro figlio di grandi spazi (e grandi possibilità).
Tale idea resta però allo stato di intenzione in “Sugar Plum Fairy”. Anglo-pop e indie-country-rock la fanno da padrona nell’arte cantautorale targata The Finger. E ‘Rollercoaster’ e ‘There and Back Again’, in fondo, sono anche due buoni colpi in canna. Resta però la sensazione di star ascoltando un demo come tanti. Con buona pace della pur feconda ispirazione del nostro, i 12 episodi che ora scorrono sembrano sviluppati su coordinate schiettamente amatoriali. La mancanza di appeal si sente ed è ulteriormente accentuata dal fatto che, non rilevandosi finalità “rovesciatorie” (se non un approccio lo-fi, ma, comunque, niente parodia et similia), esso sembra essere, se non cercato, quanto meno indispensabile a far sì che “Sugar Plum Fairy” lasci un qualche segno. Altrimenti tanto vale suonare a casa per gli amici e basta.
Autore: Roberto Villani