The Plural Of Choir comincia a suonare pianissimo e vi dà il tempo necessario per distrarvi, permette ai vostri pensieri di vagare lì dove vi sembri più oppurtuno vadano per due minuti e dodici secondi … interamente decisi da voi … poi ecco che viene a prendervi. Il nuovo lavoro dei Settlefish finalmente, sempre per Deep Elm (insieme a Unhip Records), sempre sorprendente, come del resto lo era stato il loro debut ufficiale Dance A while. Upset, è allo stesso tempo profondamente diverso. Melodia infinita per queste quindici canzoni nel pieno rispetto della magia delle dissonanze e del “rumore” fugaziano. Le linee vocali questa volta sembrano essere il punto focale di tutte le tracce. Gli umori, le sensazioni di una voce a volte un pò infantile a volte trasformatasi in grattugia sono sostenute ed enfatizzate dalla musica, che alterna tappeti melodici intimistici ad aperture ansiose. Il tutto in una sorta di post rock mai scontato. Coralità e malinconia sono le parole chiave. La caratteristica che ho più apprezzato di questo cd è l’unitarietà delle emozioni che trasmette, pur essendo alternati momenti soft come in tutta la bellissima “The Marriage Funeral Man” a momenti più impetuosi come nel caso di “Two Cities, Two Growths” vi sembrerà strano come l’atmosfera non cambi mai completamente e segua un filo conduttore. Ah … a proposito i due pezzi che ho citato sono sicuramente i miei preferiti insieme all’ultima intensa traccia “We Please The Night. Drama”, anche se questo è uno di quei dischi da ascoltare TUTTO. Questa volta non ci sono riferimenti che siano sincronici con lo scorrere dei trentotto minuti e trentasette di questo lavoro … se ascoltando The Plural of Choir comincerete a pensarci fatemi un fischio e ditemi come siete riusciti a distaccarvi da questo disco intenso per perdervi in similitudini. I Settlefish vi offrono loro stessi.
Autore: Renata De Luca