Il tentativo di Mick Harvey, storico membro dei Bad Seeds, che si avvale di nuovo della collaborazione di Chris Richard Baker, non è semplicemente quello di realizzare un concept album, ma di farlo nascere dalla voce immaginata di un poeta dimenticato, Edgar Bourchier, dei tempi della prima guerra mondiale. Pensato per celebrare i 100 anni dall’armistizio, 11 novembre 1918, il disco è dunque una vera e propria opera, che si svolge su due sottili trame che si richiamano ripetutamente: una trama più folk, da cantautore di brughiera, e una trama più rock, che fa capolino in alcuni brani come The Lost Bastard Son of War, I am the Messenger, che sono peraltro brani originali dell’artista gli unici insieme con The Eternal Black Darkness of my Death a non essere nati dalle poesie di Bourchier/Barker.
The Fall and Rise of Edgar Bourchier and the Horrors of War è a tutti gli effetti un concept album da un lato biografico e dall’altro tematico, contro la guerra, come non se ne vedevano, di così coerenti, dai tempi di The Wall. Il lavoro dietro è stato enorme: le poesie sono tratte da un immaginario autore dimenticato, nato a Warwickshire nel 1893 e morto sul fronte a Passchendaele nel 1917 a soli 24 anni, pubblicate nel 1918.
Le poesie di Bourchier, un autentico Ungaretti delle nostre parti, sono dunque nel disco, insieme alla narrazione di alcuni momenti della sua troppo breve vita: Christopher Barker si avvale qui per mettere in scena la vita del poeta delle sue precedenti esperienze di costruzione di identità immaginate. Harvey, proveniente dalla carriera solista già dagli anni ‘90, dopo l’addio ai Bad Seeds nel 2009, nel 2011 con Sketches from the Book of the Dead, e nel 2013 con FOUR (Acts of Love) e poi con la messa in musica dei volumi 3 e 4 di Serge Gainsbourg , non poteva che essere il musicista migliore da impegnare in un progetto tutto letterario.
Musicalmente, il disco non farà saltare dalla sedia: ma è un bellissimo disco country-folk, abbellito ovviamente dai testi, che fanno tutt’uno con la struttura musicale, nelle bellissime ballate traditional come Further Down the Line o Poor Poor Surgeon Tim, nelle psichedeliche Expressionist Tell #1 e #2, e anche nelle incursioni rock come nel singolo Lost Bastard Son of War.
Lo stile traditional resta il filo conduttore, assieme alla trama narrativo-poetica, che ovviamente qui è addirittura in primo piano rispetto alla musica.
Un album da gustare insomma non soltanto in ascolto ma in lettura. Come se ne sentono ormai pochi.
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autore: Francesco Postiglione