Sono in otto, vengono da Pittsburgh e stanno con Homesleep. Quest’ e.p. dalla copertina seppiata, come una scatola dei ricordi, conserva il sapore dei giorni andati. Il primo brano, ‘Fortune Cookies’, è quello che rende al meglio questo concetto: creando un ponte tra la california del paisley underground e l’australia dei mid-eighties, si ritrova una tela neopsichedelica dai colori tenui ma corrosa da macchie di acido che non intaccano la solare bellezza della composizione. Musicalmente equivale a dire introduzioni di una dolcezza bucolica, dato il sapiente uso di strumenti più vicini alla dimensione acustica che non al rock, e poi chitarre che per quanto distorte non nascondono mai la melodia che anzi viene sottolineata. A qualche lettore più smaliziato basterebbe dire Died Pretty meets Dream Syndicate e così via, nel consueto
gioco di rimandi infinito. Da queste stesse soniche premesse matura la seconda traccia, ‘French Architecture, in cui la voce sussurrata di Eric Graf ci accompagna nel vortice di archi di Erin Hutter e Sarah Siplak. La terza ‘How I learned To Sleep’ ha non solo il titolo barrettiano, ma tutta la struttura che ondeggia molle tra flussi narcotici tanto cari al Sid e per filiazione a Robin Hytchcock (semplici processi associativi rivelano che si gira intorno a pochi ma ben solidi capisaldi). L’ipnotica ‘The Tenting Effect’, ancora ammaliante di violini e di viole e ancora carica di chitarre sparate nel cielo ci ricorda che i Boxstep sono figli del nostro tempo restituendoceli come una versione folk dei Mogwai, ma è la finale ‘Western Exit’ (titolo molto indicativo…), delicata slow song condotta dalla voce di Sarah, assimilabile alle canzoni degli Ida, che riflette in mille rivoli technicolor tutte le visioni di Boxstep, la loro gioia elettrica e persino l’ombra del cantautorato neotradizionalista statunitense. Alla Homesleep un grazie per la passionalità che rivela nelle sue scelte.
Autore: A.Giulio Magliulo