Per chi avesse perso il primo capitolo della band del South Jersey (“Further”) sappiate che dietro vi si celano Tommy Southard e Rob Hultz ovvero la spina dorsale di un altro interessante progetto di qualche anno addietro: Godspeed.
Dopo l’esperienza biennale con una major -esordio “Ride” (1994) su Atlantic Records- chitarra e basso di uno dei migliori gruppi di modern-doom sono rinati a nuova vita musicale. Come? Tirandosi dentro il cantante Jason (ex Glueneck) e da lui attingendo la vis psichedelica da unire al maniacale stridio loro marchio di fabbrica. Ne viene fuori un’esplosiva miscela heavy rock dal suono molto seventies. Riferimenti soliti -e solidi- inutili da ribadire. Vi rinfresco la memoria ricordando la partecipazione -con il monicker primigenio e Bruce Dickinson in veste d’ospite speciale- all’album tributo “N.I.B.” omaggio al mito Black Sabbath i cui movimenti ritmici serpeggiano abbondantemente lungo i cinquanta minuti e oltre di questo disco.
Intrigante -e lo dico senza voler alimentare nessuna polemica- anche la definizione “Hendrix meets Soundgarden” che i nostri usano per definire la strada intrapresa. Una trovata niente male, veritiera sia sotto l’aspetto sonoro che compositivo. Ma le dodici canzoni, e la tredicesima traccia fantasma, sono pesanti alla stregua di macigni e tali vanno considerate: tutto d’un fiato non se ne scendono. Consiglio dunque di prenderne a piccole dosi cercando di godere -nell’arco di due o tre pezzi alla volta- della magistrale sontuosità con la quale sono scritti (“Once Around The Sun”) e la perizia con cui sono eseguiti (“Loving Sickness, Burning Fuel”).
Taglio molto personale anche per le cover di “Forever My Queen” dei Pentagram e “With Time” degli Agnostic Front e se non bastasse in “Common Cause” alla chitarra e alla voce appare un certo Wino che non credo necessiti di presentazione. Insomma un lavoro di sostanza. Anche a tenerlo solo sullo scaffale, in bella mostra, ci fate la figura degli intenditori.
Autore: Antonio Mercurio