di Bernardo Bertolucci, con Tea Falco e Jacopo Olmo Antinori
A distanza di dieci anni da “The dreamers” Bernando Bertolucci ritorna sullo schermo con “Io e te”, tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti, per raccontare la storia di Olivia e Lorenzo, fratellastri ritrovatisi per caso nel buio di una cantina.
Lorenzo (Jacopo Olmo Antinori) è un tipico adolescente, con la tipica capigliatura arruffata, il tipico nasone piazzato nel bel mezzo del viso, i tipici occhi enormi che il tempo ben presto comincerà a rimpicciolire. In bilico tra curiosità e introversione. Chiuso in sé stesso, schifato da tutto: la mamma, la scuola, i compagni di classe e il mondo che l’attornia.
Lorenzo ha perso un amore, ed è una ferita che lo lacera perché era lo specchio nella quale scorgeva alterato il suo futuro: le cose da dire, le facce da fare, le esperienze da maturare. Di amore ne ha perso anche un altro – una figura lasciata sullo sfondo, assente nel racconto ma fortemente presente nella sua vita – ma questo ancora non lo sa.
La madre crede sia un soggetto borderline, lo porta dallo psicologo, e invece non sa che forse l’unica disadattata è lei che, presa dall’estetica della sua vita alto-borghese, non è in grado neanche di immaginare cosa succede qualche piano sotto la sua dimora. È una monade sola, la madre (interpretata da un’imperturbabile Sonia Bergamasco), incapace di mettersi in contatto con un figlio in cerca forse soltanto del calore di un abbraccio. Lorenzo rifugge il gelo di una settimana bianca passata con i compagni di scuola. Decide che a quella socialità imposta e affettata preferisce una solitudine scelta e auto-organizzata.
Verrebbe da dire che con Io e te siamo di fronte all’ennesimo manifesto politico di un autore che ha reso epici gli anni della contestazione. Un autore che ha raccontato il collettivo e le trasformazioni della società attraverso la lente di un racconto che è essenzialmente privato e personale. Verrebbe da dire che con “Io e te” Bertolucci ha immolato una nuova gesta sull’altare dell’amore assoluto. Un amore fraterno, fatto di carne e di odio, di sofferenza e di lacerazione come quello che unisce Lorenzo alla sorellastra Olivia (la strepitosa Tea Falco). Una tossica capitata per caso nella sua cantina, come tutti i fratelli maggiori essenzialmente predatrice ma anche un po’ guru. L’unica dotata dell’autorevolezza della contingenza: le carni ancora lacerate esattamente come le sue in un processo di crescita che come una muta distrugge il vecchio involucro lasciando lo spazio a un altro sé e chissà a cos’altro.
Presentato nella sezione Fuori Concorso dell’ultima edizione del festival di Cannes, Io e te è uno scrigno dorato in cui il regista parmense ha custodito tutta la sua poetica. L’adolescenza, la crescita, l’ambientazione alto-borghese, gli specchi, la solitudine, i cappelli, l’autoreclusione, la scoperta, l’autodeterminazione, il ballo e tutto intorno l’amore nella sua forma più pura. Solo chi ha un fratello o una sorella può sentire quel caldo viscerale che agguanta giusto al centro dell’anima e tiene stretto in un abbraccio che è pieno d’amore e di passione vera. Solo un poeta come Bertolucci poteva regalare quel senso di pienezza, di completezza e di forza che dà l’amore fraterno.
“Con Io e te sono tornato a vivere” ha detto in un’intervista per il Corsera. “Il cinema è la mia vita. Potere ricominciare a girare per me è la più grande terapia, ha voluto dire ricominciare a vivere. Avevo nostalgia di tornare a fare quello che è il mio più grande è piacere, stare sul set”. Galeotto fu lo stesso Ammaniti che ha proposto di persona al grande autore di raccontare con il suo sguardo la storia di Lorenzo.
Jacopo Olmi Antinori e Tea Falco sono stati poi una manna dal cielo. Due esordienti, fratelli elettivi in grado di regalare allo schermo un’interpretazione assolutamente sorprendente per veridicità, affiatamento, calore. L’Olivia di Tea Falco è idea pura: un po’ Marlene Dietrisch, un po’ King Kong, è succo puro di donna bertolucciana: così vicina a Liv Tyler e Eva Green ma anche tanto Maria Schneider con una punta di Sandrelli.
A fare da sfondo, immancabile, la colonna sonora curata stavolta da Franco Piersanti, con musiche sue originali e brani dei Cure e dei Muse e, soprattutto, quella versione italiana, riscritta da Mogol e interpretata dallo stesso Bowie di Space Oddity.
Un brano, Ragazzo Solo, Ragazza Sola, che ha incantato il festival di Cannes e come lo stesso regista ha affermato in un’intervista per Sentieri Selvaggi “sembrava veramente scritta per questo film”.
Autore: Michela Aprea