In bilico tra Alice nel paese delle meraviglie, Hansel e Gretel e Nightmare before Christmas, Coraline e la porta magica – capolavoro 3D in stop motion firmato da Henry Selick (The Nightmare before Crhistmas) – è una splendida, esaltante esperienza lisergica. Sinuosi aghi intenti a cucire bambole di pezza fuoriescono dallo schermo a smuovere le più sottili corde del fanciullino che pascolianamente c’è in ognuno di noi. Occhi di bottone fissano inespressivi lo spettatore incutendo un’inspiegabile senso di angoscia e paura. E imponendo un viaggio a ritroso nel tempo lungo i più intimi terrori infantili.
Coraline è una bambinetta introversa, ostaggio di due genitori impegnatissimi e perciò assenti che vive in un mondo tutto suo fatto essenzialmente di solitudine. La ragazzina è costretta a lasciare la sua città e gli amici per trasferirsi in una spaventosa casa vittoriana, perennemente scricchiolante e polverosa, ricca di insetti rivoltanti e anfratti sconosciuti. Tra questi una piccola porta, un utero lungo e inquietante che la conduce in un universo parallelo in cui genitori disponibili e attenti ma senza cuore – sono bambole di pezza che ricordano la Famiglia Cuore immersa in uno spot della Mulino Bianco – sono lì ad accoglierla e a prendersi cura di lei, offrendole invitanti ghiottonerie con l’intento di rubarle l’anima e sostituirle gli occhi con due enormi bottoni neri. Tutto intorno un universo di personaggi strambi e divertenti – e allo stesso tempo inquietanti – come la signora Spink e la signora Forcible, il simpatico Mr. Bobinsky e Wibie, il bambino della villetta al fianco che regala alla ignara Coraline una bambolina tale e quale a lei.
Tratto dal racconto omonimo di Neil Gailman – scritto per la figlia Holly a partire dagli anni ’90 – l’adattamento di Selick – primo film in stop motion interamente girato in 3 D – ha richiesto ben 18 mesi.
Un’operazione imponente che ha visto l’utilizzo di una doppia fotocamera digitale per la ripresa stereofonica garantendo un effetto spettacolare e un’avvolgente profondità alle immagini – anche quando proiettate in sale non attrezzate – che nulla ha che vedere con altri film in 3 D che hanno animato durante l’ultima stagione i cinema.
Persi nel tunnel limaccioso che inghiotte la bambina o immersi negli sfavillanti colori del giardino dell’Altro padre fatto a immagine e somiglianza di Coraline o tra le gambe pelose dell’Altra madre – che quando si arrabbia si trasforma in un mega ragno che ricorda la Maman dell’artista franco-americana Louise Bourgeois – l’ultima opera di Selick è un capolavoro unico nel suo genere (anche se il Burton’s touch è ineluttabile) e imperdibile che catapulta lo spettatore all’interno dello schermo alla ricerca, insieme alla piccola eroina, di un mondo più eccitante e sconvolgente della vita reale.
Autore: Michela Aprea