Era davvero molto semplice distrarsi. Bastava un nonnulla, forse complice pure la cornice suggestiva che ospita questa settima edizione de “Lo sguardo di Ulisse”, per perdere il filo della raffinata e sottile trama sonora costruita dallo sperimentatore dalla mole mastodontica insieme ai due ragazzi pallidi. Un concerto tutto imbastito sulla voce scontrosa e schizofrenica di Thomas, la stessa che già contribuì a fare grandi i Pere Ubu, gruppo da intenditori, basilare per molti aspetti. Distintosi a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 per il connubio testo/immagine di stampo surrealista e per una musica che prende l’abbrivo dal garage-rock, implementata però da una quantità di bizzarrie armoniche e ritmiche. Capace con “Modern Dance” del 1978 di analizzare e stigmatizzare con intelligenza e riflessiva ironia il tema dell’alienazione e dell’angoscia nella società industriale, rendendone il senso di follia collettiva tramite liriche stranianti. Prendono le paure dell’olocausto nucleare e le trasferiscono in uno scenario diverso, in cui la macabra danza moderna non è quella coreografata dallo scoccare delle bombe ma dai meccanismi economici e sociali.
Molti degli spettatori del concerto napoletano avevano ancora negli occhi e nelle orecchie la eco di quel disco straordinario, ma erano tutti assolutamente ben disposti a farsi convincere anche dall’ atipico sound del trio che persegue il programma di intimizzazione della follia modernista dei Pere Ubu.
Tutte le loro soluzioni sono improntate ad una ricercatezza a tratti folgorante per la tensione che si crea tra la voce e l’armonium di Thomas, la chitarra plurieffettata e crepitante di Andy Diagram e le mille soluzioni costruite con loop, processioni e campionamenti finalizzati nella tromba di Keith Moline.
L’aspetto che colpisce maggiormente è rappresentato dagli equilibri scaturiti da queste accurate soluzioni musicali, inusuali ma non per questo fini a se stesse.
Esemplare per tutto ciò e per uno slancio fantasioso è la pseudo-cover di “Stand by Me”, con in primo piano il noto giro di basso su cui il nostro canta un testo affilato ed altalenante dei suoi e Moline dalla sua tromba cava magicamente fuori un elegantissimo canto operistico che fluttua nell’aria beatamente.
In altri frangenti invece l’appeal cala notevolmente, in particolare dove si decide di puntare su soluzioni musicali troppo scarne e parti vocali troppo dilatate e preponderanti sulla materia sonora, al limite del reading.
Così facendo diventa facile distrarsi. Ed il rischio di perdere il filo della tortuosa performance è dietro l’angolo.
Si finisce col pubblico soddisfatto, con Thomas che vende decine e decine di copie del suo ultimo disco e firma molti autografi, questi però sui bianco e nero degli splendidi artwork dei cd e dei vinili di Modern Dance.
Autore: PasQuale Napolitano