Evento centrale della rassegna obSESSIONS di quest’anno – terza edizione organizzata come al solito dall’agenzia Wakeupandream a Napoli presso il teatrino Galleria Toledo, situato in cima ad una salita dei Quartieri Spagnoli che, col passare degli anni, mi sembra sempre più sfiancante – è il concerto di Tom Verlaine, accompagnato da Jimmy Rip, già chitarrista e produttore di Mick Jagger, col quale ha pubblicato un DVD nel 2007 intitolato ‘Music for Experimental Film’ [guarda il trailer: www.youtube.com/watch?v=YxsDDk0DJgs]. Locale pieno come un uovo in ogni ordine di posti dei due piani, con una trentina di persone che resteranno in piedi lungo le pareti per mancanza di posti a sedere, ed un palco allestito in maniera minimale: luci fisse su due seggiole, due chitarre elettriche, ed un mare di pedali tutt’intorno con cui “effettare” i suoni. Età degli spettatori, la più varia: dai 19 ai 60 anni; moltissime ragazze.
Verlaine presenterà stasera anche canzoni nuove, verosimilmente di prossima pubblicazione, e quando sale sul palco tenta qualche sorriso, ma appare visibilmente concentrato, teso, nervoso. Saranno gli applausi del pubblico del Galleria Toledo, come sempre generoso con chiunque, a rassicurarlo già dopo i primi pezzi. Fonte d’ispirazione decisiva di gente tipo Sonic Youth, l’uomo che ha creato musica carica di nervosismo per tutta la sua vita artistica, prima coi Neon Boys e Television, successivamente con una carriera solista complessivamente da riconsiderare e rivalutare – malgrado qualche soporifera caduta di tono ci sia anche stata – presenta stasera un set intenso, minimale, in cui la sua voce profondissima mi pare una delle sorprese più belle. Quello di Verlaine è il blues del XXI secolo: evoluto, lontanissimo parente della tradizione, piuttosto metropolitano, nevrotico, in una parola: newyorkese. Ed è interessante assistere ad un’esibizione in cui due esperti chitarristi di robusta formazione rock’n’roll intessono trame ricercate ma scarne, nervose, come dicevo, con Rip che porta il ritmo usando la sua chitarra elettrica talvolta morbidamente col pollice, talvolta con pennate “dritte” e suoni “twang” stile Television, mentre Verlaine ricama assoli anche “slide”, col ditale d’acciaio, perdendosi pure qualche nota, e canta storie di gente solitaria, che fuma sigarette in quantità, soffre d’insonnia, e si rovina la vita con gesti sconsiderati, ma anche storie divertenti, di un’America nascosta, che mangia torte di mele, dorme in stanze d’albergo a ore lungo le highway e guida chevrolet scassate; l’America dei film dei fratelli Cohen, o di Sean Penn, o Clint Eastwood.
Musicalmente, mentre Verlaine intona ‘O Foolish Heart’, o ‘Swim’, mi viene in mente Cat Power, Bonnie “Prince” Billy, e soprattutto Lou Reed, il quale allo stesso modo di Verlaine riesce a passare da composizioni di un’ansia insostenibile, figlia del nostro tempo, ad una delicatezza folk blues estremamente poetica. Riconosco stasera diversi strumentali tratti da ‘Around’ e da ‘Warm and Cool’, minimali e brevi schegge ambient con un sobrio lavoro di fingerpicking, arpeggi, suoni glissati, armonici e tanti tanti effetti, compreso lo sporadico ricorso al delay; per il resto, ovviamente alcuni pezzi avrebbero guadagnato dal supporto di una batteria, ma soltanto alcuni. Il repertorio, poi, pesca soprattutto dal fondamentale album raccolta del 1996 ‘The Miller’s Tale’ (2CD), e si fanno notare splendide versioni di ‘Words from the Front’ e di ‘Venus (de Milo)’.
Autore: Fausto Turi
www.myspace.com/tomverlainetelevision – www.myspace.com/jimmyripmusic