Con buona pace degli sceneggiatori di fantascienza che studiano la teoria della relatività per capire se e come sia possibile viaggiare nel tempo, io la soluzione l’ho trovata: ascoltare Marble Skies. La batteria elettronica, il basso ritmico e compulsivo e il sound in perfetto stile new wave proiettano infatti l’ascoltatore nel pieno degli anni ’80.
Facciamo quindi un salto temporale all’indietro: i Django Django sono una band scozzese capitanata dal produttore/batterista David Maclean che ha lavorato anche con Damon Albarn e KT Tunstall. Lui stesso ha spiegato com’è nato il titolo:
“Una sera nel backstage di un festival a Chicago ho alzato gli occhi al cielo e l’ho trovato splendido; sembrava fatto di lenzuola di marmo”.
Tra la leggerezza eterea del cielo e la pesantezza del marmo, l’album si ispira maggiormente alla prima: le canzoni sono votate alla melodia del cantato mentre gli strumenti assemblano arrangiamenti funzionali; la batteria a tratti campionata trova il suo punto minimal in Real Gone dove si limita a scolpire i quarti con la grancassa ottenendo il massimo risultato con il minimo sforzo. In Your Beat è un viaggio nell’electro pop sognante mentre Surface To Air (cantata da Rebecca Taylor degli Slow Club) ha quell’aria caraibica che mette voglia di ballare. Ma è l’apripista Marble Skies a regalare le gioie maggiori con un bellissimo ritornello.
Ancora Maclean sul nuovo lavoro:
“Il primo disco lo abbiamo pubblicato con poco equipaggiamento mentre per il secondo avevamo a disposizione tutto quello che desideravamo; adesso siamo volutamente ritornati ad un approccio simile al primo.”
Dopo l’esordio omonimo del 2012 e Born Under Saturn del 2015 questo terzo lavoro consolida la reputazione dei Django Django promuovendoli da giovani speranze a certezza…granitica.
autore: Claudio Prandin