Ferruccio Quercetti è giunto al terzo capitolo della saga del suo alter ego Ferro Solo, attraverso il quale racconta le disavventure di Fernando. Il cantante/chitarrista della migliore garage punk-blues band italiana, vale a dire i CUT, in questo suo progetto personale, come si è visto nei due capitoli precedenti, va oltre il sound che carattarizza la sua band da un quarto di secolo, dedicandosi ad altre sonorità, prevalentemente di matrice Usa.
L’aspetto principale che differenzia Ferro Solo dai CUT è l’elemento cantautorale. Il lavoro si apre con la ballata soft in crescendo di “What Am I Doing Here?” che evoca Billy Bragg, brano non molto distante dal folk-pop di “Habit”. Il pop, declinato nelle forme più autorevoli è un elemento caratterizzante questo disco, che sia fuso con il rock’n’roll travolgente di “She Thinks I’a Creep”, o con la matrice britannica e con una bella coda melodica di “The Birthday Curse”, che ci porta dall’altra parte dell’Atlantico, per la precisione nei territori esplorati dai Gun Club. Se le radici non si scordano non poteva mancare almeno un brano punk, in questo caso si tratta dell’affondo di “The Fear”, ben scheggiato. Tuttavia, anche la cover di Prince, “When You Were Mine”, se non è propriamente punk, è un ottimo street rock circolare e molto catchy, brano che fa il paio con il parziale omaggio a Woody Ghutrie, vale a dire “This Machine Kills Heartaches” un punk-rock’n’roll travolgente e che non fa prigionieri.
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