Per il migliore disco degli ultimi dieci anni Steve Earle ha ricomposto i suoi vecchi Dukes ed è tornato alle origini confrontandosi con il blues. Questo suo ritorno alle origini ha un doppio significato: il primo è riferito appunto al blues che nel sangue di Earle ha sempre transitato, anche per le disavventure della sua vita, dai sette divorzi alla droga fino carcere. Il secondo è la decisione di tornare con i compari di una volta, quei duchi con cui fece le cose più belle della sua carriera poco meno di trent’anni fa.
Si sarà capito, dunque, che questo disco trasuda blues da tutte le parti, ma, il cantautore della Virginia, lo contamina molto soprattutto con il bluegrass in “Acquainted with the wind”, nel quale omaggia Chuck Berry, e in “Ain’t nobody’s daddy now”. Altrove nel disco emerge il rock dei suoi esordi con “Go go boots are back”, brano in cui è presente la carica, ma non la spinta, di trent’anni fa; tanto gli anni passano per tutti, ma non per questo Steve Earle. Anzi! Ha una carica che nel suo ambiente in pochi conservano e lo dimostra proprio nel brano migliore disco, la conclusiva “King of the blues”, un blues degli anni ’10 con tutti i crismi del del sound nero che esprime chitarre elettriche perfette.
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autore: Vittorio Lannutti